Chi ha paura del bonus bebè?

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di Giuliano Guzzo

Sì, no, forse. Non si è affatto capito quale effettivamente sia la posizione del Governo sulla possibilità di aumentare il bonus bebè, che per chi lo ignorasse è un assegno mensile di 80 euro che – per i primi tre anni di età – spetta per ciascun figlio nato o adottato alle famiglie a basso reddito: il Ministro Lorenzin aveva proposto di raddoppiarlo, facendolo così salire a 160 euro mensili, ma dalle ultime indiscrezioni pare che né il Presidente del Consiglio né il Ministro dell’Economia siano molto d’accordo. Ora, a parte il lato tragicomico che vede la proposta di un Ministro smentita o quasi da un altro Ministro dello stesso Governo del giro di poche ore, gli aspetti realmente drammatici della questione sono almeno due. Il primo consiste nell’inverno demografico che caratterizza il nostro Paese: lo scorso anno – segnala l’Istat – le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia; non solo: il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta – nonostante l’arrivo in Italia di molti immigrati – a 1,35 figli per donna.

Il secondo aspetto drammatico, però, è ancora più inquietante del primo. Se infatti da un lato sappiamo che l’Italia soffre un inverno demografico con pochi precedenti al mondo (solo la Germania sembra messa peggio di noi), dall’altro non esiste alcuna certezza che non raddoppiando, bensì neppure triplicando o quadruplicando il bonus bebè si migliorerebbe in modo significativo la situazione. Che cosa intendo dire? Intendo dire che ha ragione da vendere, il Ministro Lorenzin, quando denuncia «il quadro di un paese moribondo». Il punto però è che non è affatto detto che, con più aiuti, la situazione della natalità, in Italia, migliorerebbe. Primo perché, come detto, il bonus bebé va e continuerebbe ad andare solamente ad alcune categorie di famiglie, secondo perché il calo della natalità non risulta risolvibile con sussidi economici: fosse così – lo diciamo per le tante persone di buona volontà che si battono per il quoziente familiare – sarebbe quasi da festeggiare. Purtroppo però la situazione è molto più seria e neppure Paesi europei con un welfare invidiabile, finora, sono riusciti a superare l’inverno demografico.

Diviene dunque difficile comprendere quali siano le ragioni per opporsi ad un provvedimento – il raddoppio del bonus bebé – che, se pur risulterebbe quasi di certo inefficace ad invertire la tendenza demografica italiana, costituirebbe quanto meno un segnale, un modo per ricordare alle famiglie in difficoltà – ma anche al Paese – che la nascita di nuovi figli è un bene comune, qualcosa per cui valga la pena investire e scommettere. Invece, salvo sorprese, tutto pare destinato ad arenarsi. Il che significa solo una cosa: rimandare un appuntamento difficilissimo. Quale? Quello nel momento in cui un Governo responsabile prenderà atto del fatto che, senza figli, non solo non un Paese non ha futuro ma non ha neppure pensioni, imposte e alcunché per sostentarsi, ammettendo di essere in forte difficoltà nel cambiare le cose. Come si è poc’anzi detto, infatti, il fattore economico non spiega né l’inverno demografico (iniziato in Italia ben prima della crisi) né, tanto meno, come uscirne. La crisi della natalità, insomma, è un guaio serio, dinnanzi al quale non sembrano esistere ricette efficaci nel breve termine. Eppure da qualche parte occorrerà pur iniziare. Anche per questo ha senso chiedersi: chi ha paura del bonus bebè?