LA CAVALCATA DELLE VALCHIRIE

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di Valerio Musumeci

Non c’eravamo, nella stanza d’albergo di Beppe Grillo, prima che questi si affacciasse a salutare la folla raccolta sotto la finestra – un tempo si usava il balcone – alzando le braccia al cielo con un appendino ad uso di talismano sulla camicia. Ma è come se ci fossimo stati, udiamo la musica di Wagner promanare dalla stanza insieme all’istinto irresistibile di invadere la Polonia. E’ la cavalcata delle valchirie, Walkürenritt , Virginia Raggi e Chiara Appendino sindaci – sindaci, sissignore – di Roma e Torino, della prima e della quarta città italiana per popolazione, territori in cui vivono sei milioni e mezzo di persone che sono più di un decimo della popolazione nazionale. Ciò che Wagner fa dire ad Odino prima del fenomenale terzo atto de La Valchiria – «Solo la tradizione riesci a comprendere, ma il mio pensiero mira a tutto ciò che ancora non è avvenuto» – in effetti Grillo aveva cercato di dirlo, salvo aspettare che qualcuno riuscisse a renderlo comprensibile anche agli elettori: e adesso sono tutti fatti loro, nel senso che dopo aver rotto il giogo di quella tradizione ed aver insediato questo popò di guardiane del Valhalla in posti così importanti, “tutto ciò che non è ancora avvenuto” dovrà avvenire e che siano cose belle, moderne e wagneriane. Altrimenti non si tratterà che di un buco nell’acqua e la vendetta degli spiriti sarà terribile per chi spezzi la volontà di potenza.

Usciamo dalla metafora che non ci si sta tanto comodi. Virginia Raggi a Roma è un’ecatombe, il fiume che rompe gli argini di una politica morta e in putrefazione. A scrivere che sia anche bella si rischia di passare per superficiali e quindi è bellissima, di una bellezza tutta sanguigna, come un frutto maturo da assaggiare. Che sia brava pare, vedremo, tanto per cinque anni la giovine si è rovinata la vita ed ogni sua mossa sarà passata al vaglio di giornalisti, analisti, opinionisti e strilloni. Sapremo anche quanto zucchero metterà nel caffè, e se saranno due cucchiaini che paghi il secondo a parte. Certo Roma è tutta una buca ed una delle città più sporche del mondo; la sua decadenza non ha paragoni in Italia e nemmeno nel Sud, dove al degrado ci si tiene ma non si ha tutta quella roba concentrata in un posto solo per rovinarla tutta assieme. Il debito del Comune di Roma è una promessa, vedete voi se da onorare o tradire; le Olimpiadi, se la giovine è una persona seria, dovrebbero farsi nonostante la minaccia della corruzione endogena al nostro Paese e segnatamente alla Capitale. Altrimenti il Movimento non avrebbe dovuto candidare nessuno da nessuna parte, ponendosi il rischio teorico che il sindaco si riveli un giorno un poco di buono. Il sospetto non è strumento politico né tantomeno istituzionale: questa è una novità che i pentastellati debbono assimilare.

Per quanto riguarda Torino si può ricopiare paro paro ciò che ha scritto il collega Riccardo Ghezzi su Facebook: «E’ successa una cosa semplicissima, che peraltro è successa anche altrove: è stato scardinato un sistema. Esattamente come a Latina dove la “dittatura” instaurata del centrodestra ha stufato tutti. I torinesi non sono mai stati passivi. Non hanno mai subito le amministrazioni che eleggevano. Si sono più volte ribellati alla malagestione (come nel caso di Toxic Park) e hanno sempre mal digerito il clientelismo. Semplicemente, negli ultimi 25 anni, soprattutto negli ultimi 15, non c’è stato un interlocutore che potesse opporsi al sistema di potere che si era venuto a creare. Il centrodestra era impresentabile e connivente. E non contava più nulla. Basti pensare che in queste elezioni l’apparato di Forza Italia e CL hanno scelto di appoggiare Fassino, si è visto con quali risultati. Alla prima occasione utile, i torinesi ne hanno approfittato, dimostrandosi elettorato attivo. E hanno votato un buon sindaco: una persona preparata, coi giusti appoggi e con idee chiare. Per quel che mi riguarda, sarebbe improprio parlare di vittoria del Movimento 5 Stelle. E’ stata la vittoria dei torinesi che non subiscono passivamente e finalmente hanno potuto scegliere, la vittoria di una candidata spendibile, scelta in modo oculato, e la sconfitta di un sistema di potere che non si vedeva l’ora di mandare a casa».

Lo si è fatto, a Torino ma anche a Roma, al ritmo serrato di Wagner. «Fermati, pazzo! Ascolta la mia parola!… Cambio le sorti della battaglia! Fedele ti proteggerà la valchiria! A te donerò la vittoria!». Scegliete voi chi sia Brunilde tra la Raggi e la Appendino. Hojotoho! Hojotoho! Heiaha! L’Intellettuale Dissidente