Cinema, nasce la “macrocommission” di Basilicata e Calabria

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La presentazione del progetto LuCa

di Valerio Musumeci

Un progetto di rilancio del Sud Italia che passi per la macchina da presa e il battere del ciak. Sembra fantascienza, in questo paese dove la priorità sono le strade che mancano e le vecchie case da puntellare: invece è l’idea concretissima lanciata alla Mostra del Cinema di Venezia – in corso al Lido tra vestiti equivoci e scarsa presenza italiana – da due enti territoriali che contano due milioni e mezzo di abitanti, la Basilicata e la Calabria. Nasce così LuCa, acronimo che unisce le film commission lucana e calabra sotto un unico nome e che avrà il compito di risollevare le economie delle due regioni attraendo investimenti che riguardino il cinema (e tutto l’indotto di un industria che muove ancora capitali notevoli). Presenti alla firma del protocollo d’intesa il governatore della Calabria Mario Oliverio e il facente funzioni per la Basilicata Francesco Pietrantuono, insieme a Pino Citrigno, presidente di Calabria Film Commission – componente della commissione ministeriale del Mibact – , e Paride Leporace, direttore della fondazione Lucana Film Commission. Il proposito è unire le forze per consentire ai due enti autonomi di accedere insieme a mercati più ampi di quelli battuti singolarmente, facendo della LuCa un polo di attrazione nazionale e internazionale.

Bello, il progetto, soprattutto se inserito in una riflessione storica sul contribuito che il cinema ha portato all’economia italiana ai tempi in cui si sapeva farlo, senza ridurre la presenza italiana sul mercato globale a indiscrezioni indeterminate sulla volontà di Sorrentino di girare un film su Berlusconi. Nel dopoguerra, quando un cambiamento d’epoca impose all’Italia di alzare l’ingegno in tutti i campi dello scibile umano, il cinema fu determinante per la costruzione di un’economia solida e soprattutto per rappresentare il Paese all’estero e darne un racconto valido, dal punto di vista estetico come da quello concreto dei denari mossi da queste produzioni. Su queste pagine si è ricordato più volte come gli anni del boom economico abbiano coinciso con la presenza fissa di film italiani ai Premi Oscar e nelle principali fiere del cinema a livello mondiale; Venezia, tanto per discutere d’attualità, era sì il collettore del meglio del grande schermo prodotto in Europa e negli Stati Uniti, ma poteva contare sul prestigio fermo del paese ospite tradotto in dominio incontrastato dal punto di vista qualitativo e spesso del rendimento in sala. Oggi, nonostante il crollo degli incassi interessi trasversalmente tutti i paesi occidentali – diverso il caso dei mercati orientali, che stanno testé aprendosi alla globalizzazione del loro cinema, con prospettive brillanti –, l’Italia non riesce a fare del proprio background cinematografico, tra i maggiori del mondo, lo strumento di una ripresa concreta della propria economia. E’ ciò è un peccato, visti i sicuri benefici che questo ragionamento porterebbe al Paese.

Secondo il Sole24Ore, infatti, «il settore [cinematografico] è diventato strategico. Il recente “Bando alla crisi” indetto dalla Regione Basilicata ammette ai finanziamenti start up e imprese dell’audiovisivo. I primi fondi europei hanno portato in Basilicata 56 imprese e dato lavoro a 600 persone. Da un’indagine della Fondazione Eni Enrico Mattei sugli effetti economici del cinema in Basilicata, risulta che, per la realizzazione dei lungometraggi, il rapporto tra finanziamenti ricevuti e spesa sul territorio è di 1 a 4: a Matera, ad esempio, la produzione ad alto budget di “Ben Hur”, di Timur Bekmambetov, ha investito quasi 4 milioni di euro e prodotto un impatto indiretto pari a più di 7 milioni di euro. Il 50% è stato speso per strutture ricettive e ristoranti del luogo. Budget e ricadute più limitate per le opere di giovani talenti che però consentono di valorizzare l’impegno degli emergenti». E questo solo per quanto riguarda la Lucania, che giustamente vuole adesso implementare con LuCa il proprio investimento in questo settore. Ma è l’Italia tutta che dovrebbe prendere ad esempio queste regioni del Sud, ritornando a considerare il cinema una risorsa naturale del proprio territorio; il quale, nonostante la scarsa attenzione degli addetti ai lavori, ha continuato negli anni ad esprimere professionalità e protagonismo, nei limiti del possibile per realtà lasciate sole a gestire un ambito che richiederebbe un approccio generale (proprio sul modello “macrocommission” appena avviata da Basilicata e Calabria). I dati certificano che sarebbe un successo o perlomeno una razionalizzazione del settore. Certo si tratta di avere il coraggio di cedere fette di prebendismo locale – poltrone, potere decisionale e relativi ragionamenti politici – in favore di un’ottica possibilmente nazionale.

«Il nuovo Meridionalismo ha bisogno di grandi sinergie, crediamo che questo nuovo distretto del cinema abbia forti potenzialità – ha detto il direttore Paride Leporace a margine della firma del protocollo d’intesa che ha dato vita a LuCa – grazie anche all’esperienza maturata sul campo dalla Basilicata. In Calabria abbiamo appena cominciato a fare un database dell’esistente: autori, società di servizi, attori». Il primo progetto ad essere prodotto dalla LuCa sarà un cortometraggio diretto dall’esordiente Claudio Santamaria e avrà per titolo “The Millionairs”: «Sono felice di girare questo corto – ha spiegato il regista – in una terra che amo. Lavorerò nel Parco nazionale del Pollino, tra la Calabria e la Basilicata. Una location suggestiva e a cui sono affettivamente legato». E a cui sono legati in tanti, nelle due regioni e all’estero: un motivo in più per non buttare via un’opportunità clamorosa, capace finalmente di riunire arte ed economia in maniera virtuosa.