Il ricordo di Santo Parisi, Istrione di Paternò

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Fosti tu a stamparmi la nuova tessera elettorale. Quella vecchia l’avevo smarrita, e quando venni a chiedertela mi hai sorriso e mi hai sussurrato una parolaccia. Una parolaccia che pronunciata da te era sempre comica, sempre allegra, sempre diversa. Ti ho conosciuto quando ero bambino e mi andasti subito a genio. Sei stato subito un amico leale, di quelli che se hanno da rimproverarti qualcosa lo fanno guardandoti negli occhi.

Eri il primo ad applaudirmi quando al microfono cantavo la tua canzone, “L’Istrione”. Eri tu l’istrione, e lo sapevi. Eri il primo ad esserne consapevole. E talmente lo eri tu stesso che nessuno osava dubitare. Lo eri e basta. Quando presentavo il Carnevale a Paternò, venivi a salutarmi sul palco e mi dicevi di fregarmene degli altri, perché tanto “Si u megghiu di tutti pari”, una frase che non hai detto solo a me. Sono certo, però, che quando l’hai detta l’hai pronunciata a verso chi stimavi davvero, e da chi ti aspettavi stima. L’ho sempre saputo. Sei andato via durante la tua festa, il tuo funerale si è celebrato un martedì grasso. Ti abbiamo gettato coriandoli addosso mentre passavi sdraiato dentro il tuo ultimo letto. Nessuno dimenticherà questa magia che ti ha avvolto fino all’ultimo. Questa festa dentro il buio. I tuoi coriandoli sopra i fiori. Gli applausi tra le strisce filanti. Le canzoni del tuo carnevale brasiliano tra le note dell’organo di Santa Barbara, la patrona di una città a cui mancherà il suo Istrione.

Andrea Di Bella

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