Celebrità, la gabbia dorata che si insegue tutta la vita e ci lascia prigionieri

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di Giuliano Guzzo

Quanto possono durare, al giorno d’oggi, fama e popolarità? Secondo una diffusa interpretazione delle profetiche parole che Andy Warhol (1928 – 1987) pronunciò nel 1968, poco, anzi pochissimo: 15 minuti al massimo. Si tratta di una forzatura, naturalmente. Infatti, anche se esiste una consolidata tradizione di ricerca circa la sorprendente volatilità della popolarità nel mondo del cinema (e non solo) e la variabilità dei gusti del pubblico [1], non ci vuole molto a capire come un quarto d’ora sia, in effetti, una misura troppo ridotta anche per la celebrità più evanescente. D’accordo, ma allora quando possono durare – e quanto durano, tornando a noi – fama e popolarità?

Un recente ed imponente lavoro effettuato analizzando con cura la frequenza delle citazioni di un campione casuale di centomila nomi famosi apparsi nella sezione di intrattenimento di oltre duemila giornali nel periodo considerato, vale a dire fra il 2004 ed il 2009, ha stabilito che la popolarità – diversamente da quanto verrebbe da credere – è ancora oggi un fenomeno duraturo, spesso anche per decenni [2]. Quest’inattesa durata si può spiegare in più modi, che vanno dal contemporaneo calo di consumo di media favorito, attraverso internet, dall’iniziativa di condivisione di contenuti personali [3], all’equilibrio “auto-rinforzante” che gli stessi mass media talora pongono in essere rilanciando per anni la visibilità degli stessi personaggi.

La fama, insomma, dura. In modo discontinuo e altalenante finché si vuole, certo, ma dura. Il punto rilevante e poco apprezzato dalle ricerche ricordate – non per scarsa perizia degli studiosi, sia chiaro, ma perché fuori dal pur vasto terreno sociologico – è però un altro: la celebrità è vera celebrità? La popolarità migliora la vita oppure la peggiora stravolgendola? Qui, di solito, si contrappongono due scuole di pensiero: quella che demonizza la popolarità e quella che la esalta. La realtà potrebbe tuttavia essere più semplice e intermedia, nel senso che la popolarità – pur comportando vantaggi ed arrecando qualche disagio – lascia comunque l’uomo, ciascun uomo, nelle condizioni di forza e fragilità nelle quali si troverebbe comunque.

Per fare due esempi diversi fra loro ma emblematici, come a Marlon Brando (1924-2004) l’Oscar vinto nel 1954 non cambiò la vita – pare lo usasse, pensate, come fermaporta – e come l’ambitissimo Premio Strega del 1950 non mutò la sorte del povero Cesare Pavese (1908-1950) – «A Roma apoteosi. E con questo?», annotò melanconico nel suo diario –, i vantaggi della popolarità sono destinati a rimanere tutto sommato in superficie, lasciando immutate le difficoltà nelle quali ciascuno continua, anche da famoso, ad rimanere immerso. Tanto vale, allora, non fare della fama quel traguardo assoluto e risolutivo che, per quanto appagante, non riuscirà mai ad essere per nessuno. Conviene piuttosto concentrarci su noi stessi e se un successo arriva, poi, tanto meglio.

Il problema non è dunque vivere o fare di tutto per vivere una vita da star, ma essere star nella vita. Evadere cioè dalla gabbia dorata ma soffocante dell’individualismo, cercare di coltivare relazioni stabili e di qualità, preferire il duraturo all’effimero, l’essenziale al superfluo; battersi per quello che si ha nella mente e nel cuore, senza farsi intimorire dal flusso variabile delle correnti. L’importante è assegnarsi un riferimento che abbia sostanza, uno scopo che possa elevare la nostra vita senza far venir meno il rispetto dovuto a quella altrui. Qualcosa che ci scaldi quando fuori gela e ci rinfreschi d’estate, qualcosa che ci tenga vivi. E che possa essere condiviso da chi abbiamo accanto. A quel punto, quando avremo trovato quel qualcosa, saremo vere celebrità. In ogni caso.

Note: [1] Cfr. Boorstin D. The Image: A Guide to Pseudo-Events in America.Harper and Row, New York, 1961; Kurzman C. – Anderson C. – Key C. – Ok Lee Y. – Moloney M. – Silver A. – Van Ryn M.W. (2007) Celebrity Status. «Sociological Theory»; 25:347–67; Ferris K.O. (2010) The Next Big Thing: Local Celebrity. «Society» 47:392–95; [2] Van de Rijt A. – Shor E. – Ward C. – Skiena S. (2013) Only Fifteen Minutes? The Social Stratification of Fame in English-Language Media. «American Sociological Review»; 78(2):266-89; [3] Cfr. Centenaro L. – Sorchiotti T. Personal branding, Hoepli, Milano 2010