Denaro, successo, approvazione: la vita è solo questo?

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di Germano Modica

Oggi si sente parlare spesso di “valori perduti”.

La generazione precedente fa notare a noi giovani che molte cose siano cambiate. Quelli che chiamiamo valori – per esempio l’onestà, la sincerità, il rispetto, l’impegno – sembrano essere venuti meno tanto che sembra quasi banale parlarne. Il cinismo, l’ignoranza ostentata e soprattutto l’indifferenza verso ciò che succede nel mondo sembrano essere diventate caratteristiche peculiari dell’uomo occidentale odierno. Chi ci ha preceduto viveva di grandi ideali, contemplava la bellezza, si poneva delle domande, partecipava attivamente e concretamente alla vita politica del suo paese e soprattutto pensava che fosse possibile cambiare il mondo in meglio, ma gli idealisti sembrano essere diventati un ricordo del passato. Per migliaia di anni l’uomo si è interessato alla musica, all’arte e alla filosofia. Solo negli ultimi trent’anni questo interesse è venuto meno, lasciando spazio ad una nuova mentalità. Oggi, nella nostra società, il valore di un uomo è misurato in denaro e successo e approvazione sociale sono slegati dal concetto di giustizia. Non importa come arrivarci, possedere ricchezza e poterla ostentare sembra essere l’obiettivo sociale più ambito. Approfondire la nostra reale condizione non è più importante, occorre solo apparire, simulare e sopraffare. Ciò che rende l’uomo “umano” sembra aver perso importanza.

Infatti questo è anche il periodo della depressione, degli psicofarmaci e dell’insoddisfazione. Pare che più sia ricca una nazione più siano frequenti i casi di suicidio. Anche se riflettere su ciò che accade nel mondo “non va più di moda”, credo sia nostro interesse porre l’attenzione su questo fatto e su molti altri. Perché proprio nei paesi ricchi? Perché la sofferenza psicologica nasce proprio nel cuore della società dei consumi? Sono convinto del fatto che la vita preconfezionata, fatta solo e soltanto di immagine esteriore, in realtà non ci piaccia davvero: cerchiamo di farcela piacere per non isolarci, dal momento che  le nostre vere qualità non interessano più a nessuno. Ovviamente, vivendo in questo modo, percepiamo lo squallore di questo macchinoso gioco di apparenze, ed in fondo sappiamo che stiamo sprecando la nostra vita autentica, ma ammetterlo ci farebbe troppo male ed ogni volta che ce lo ricordiamo, ogni volta che ci sentiamo fragili iniziamo a svolgere un’attività molto comune, così largamente diffusa da essere diventata innocua agli occhi delle persone: il giudizio verso il prossimo.

Tramite i nostri convincimenti radicati giudichiamo a casaccio i difetti altrui,  e siamo ciecamente convinti che le critiche che facciamo siano sempre corrette, che ciò che pensiamo sia sempre giusto. Quando la gente parla di sé non ha mai difetti, e se mostra di averli viene considerato debole. Nessuno si confronta più, nessuno ammette le sue insicurezze, conta solo primeggiare. Questo gioco perverso insito nello stile di vita occidentale ci mantiene distratti e pieni di aspettative fallimentari. Ma con l’avvento della società di massa questa è diventata la nostra cultura, una cultura cinica che non solo giustifica i tiranni, gli egoisti e gli approfittatori che ce l’hanno imposta, ma rende questi ultimi degli esempi da imitare. E nel frattempo, ci porta a giudicare male le vittime più danneggiate da questo sistema, i poveri e gli emarginati. Il cinismo è uno strumento molto comodo, me ne rendo conto, nasconde bene la paura di affrontare chi ci tiranneggia, dirottando  tutti i nostri risentimenti contro chi è stato prevaricato ancor più di noi. Ma in realtà sappiamo bene come stanno le cose, ad alcuni viene imposta la povertà, ad altri l’ossessione dell’apparenza, e mentre migliaia di persone ostentano amor proprio e rispetto per sé stessi, l’umanità del nuovo millennio sta accettando la sottomissione come mai era stato fatto prima.

Tutto questo è accettabile? Questione di scelte.