Elezioni USA, chi votano le stelle? Alla scoperta dei volti noti che sostengono i candidati

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di Claudia Cirami

Importante, certo. Ma c’è qualcosa che rende anche indiscutibilmente attraente la cavalcata elettorale alla presidenza U.S.A. ed è tutto il contorno. Adunate coreografiche, confronti vivaci e – da ultimo, ma non da meno – l’entrata a gamba tesa di “quelli che il cinema, lo spettacolo, la cultura” a difesa di questo o quel candidato. Un’ elefantiaca, eccentrica kermesse che coinvolge tutto il paese e, inevitabilmente, finisce per appassionare il resto del pianeta.

Partiamo dalla Clinton. L’ultima a dichiararle sostegno è stata la vintage Cindy Lauper (in realtà si esibisce anche ora, ma lei rimarrà quella di “Girls just wanna have fun” e “True Colors”). Su Rolling Stone, la Lauper si è addirittura lanciata in un paragone ardito con il voto tedesco per Hitler che – secondo lei – si era avvantaggiato, nella sua ascesa al potere, dell’astensione dei non votanti. La cantante, dunque, ha invitato caldamente gli americani ad essere oggi elettori e non persone passive, per dare voce alle loro necessità. A parte qualche inesattezza storica nel paragone, un personaggio di Hellen Fielding avrebbe detto che si tratta di “nominite”. Il nome di Hitler compare due volte nella sua dichiarazione e se pure la Lauper, intelligentemente, non tira le somme, è impossibile non pensare al “demoniaco” (per l’America progressista e colta) Donald Trump, spauracchio al pari del dittatore tedesco. Hillary non sarà proprio da ascrivere al gruppo delle “ragazze che vogliono proprio divertirsi” (ha superato da un pezzo l’età verde) ma incassa la simpatia di molte donne. Non poteva mancare il sostegno social: #ImWithHer (sto con lei) ha riunito alcuni divi, tra cui Kate Perry. Anche Demi Lovato si è dichiarata sua sostenitrice: nella Clinton vede l’incarnazione del concetto di “women empowerment”, quel processo che porta le donne ad ottenere gli stessi traguardi maschili. Condividono l’entusiasmo della Lovato, tra gli altri, anche George Clooney, Beyoncé, Richard Gere, Salma Hayek, Kim Kardashian. Magic Johnson ha twittato: «Penso che sarà una grande presidente per il popolo americano e saprà far in modo che tutti abbiano voce». In definitiva, è la Clinton il candidato che le stelle stanno a guardare (e votare).

A Sanders è andato, invece, l’appoggio di Mia Farrow: «Comunque tu possa votare – ha scritto su Twitter – Bernie Sanders è meraviglioso. Non è compiacente, è coerente e chiaro su questioni importanti». I Red Hot Chili Peppers, dal canto loro, gli hanno dedicato un jingle su Instagram, cantando a cappella, per sostenerlo. Ma è anche Susan Sarandon a credere fortemente nel candidato diretto avversario della Clinton, che aveva conosciuto in passato. A tifare Sanders anche Danny De Vito e Mark Ruffalo. Il Sanders che ha meritato, da giovane, pure i versi di Allen Ginsbergh (che rimase colpito dalla sua politica), piace anche a Spike Lee. Consapevole di aver fatto una campagna con pochi mezzi, Sanders appare capace di insidiare la presunta leadership della Clinton, anche se questa sembra, man mano che il tempo passa, il candidato più probabile dei democratici.

Anche Trump, il “brutto&cattivo” di queste presidenziali, ha i suoi estimatori. Le parole severe di Papa Francesco non hanno fermato la sua corsa, né il consenso attorno al suo nome. Per esempio, tra chi lo appoggia c’è Kirstey Alley, un po’ meno bella e un po’ meno “senti chi parla” di un tempo, ma sempre tosta: «Voglio qualcuno che ci svegli e ci faccia prestare attenzione», ha detto, riferendosi al miliardario americano. Una sua eventuale elezione è considerata uno dei primi 10 fattori di rischio a livello globale, secondo la classifica stilata dalla Economist Intelligence Unit, al pari dell’aumento della minaccia del terrorismo jihadista. Eppure, Trump continua ad attrarre. Mettendo in difficoltà i suoi diretti avversari. Marco Rubio, per esempio, ha abbandonato da poco la corsa elettorale. Resistono invece Ted Cruz e John Kasich, che ha battuto Trump in Ohio.

Emerge il favore attribuito, dall’elettorato americano, all’aspetto carismatico. Lo schieramento di celebrità che si è catalizzato attorno ad alcuni nomi, piuttosto che ad altri, ha messo in rilievo la necessità di una leadership forte, in opposizione agli anni in fondo incolore dell’amministrazione Obama, di cui si ricorderà principalmente la vittoria del “love is love”, ma nessuna vera e autorevole presa di posizione nei confronti della crisi globale (emblematica, in questo senso, la sua assenza nella nota marcia dei leader dopo la strage di Charlie Hebdo).

Lasciando da parte Sanders e gli altri due candidati di segno opposto, Cruz e Kasich, spiccano la Clinton e Trump. Hillary rappresenta nell’immaginario popolare la donna che resiste – alle scappatelle del marito e a tutto quello che è seguito in questi anni – e, anche se sconfina nella mascolinizzazione del femminile, molte donne vedono in lei la possibilità di un’affermazione definitiva, simbolicamente rappresentata dalla Presidenza più ambita. Con Trump, invece, è premiato il politicamente scorretto, quello che non si potrebbe o dovrebbe sostenere, ma che, negli anni, è diventato un’esigenza umana quasi insopprimibile, soffocata com’è dai lacci sempre più avvinghianti della dittatura pensiero della tolleranza. Chi vincerà fra i due? Non c’è ancora certezza. Quel che sembra, tuttavia – e non si offendano le femministe e i sostenitori di Trump – è che, chiunque di loro trionfi, nessuno dei due sembra la risposta adatta ai problemi di oggi. La Croce – Quotidiano