Il M5S e la base? Parla un ex attivista: “Tutto pilotato da Grillo e Casaleggio”

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Democrazia diretta dal basso, trasparenza radicale: gli attivisti del Movimento 5 Stelle ne hanno fatto le parole d’ordine nella rivolta contro la Casta e i partiti. Racchiuse in uno slogan: «Ognuno vale uno». Ma è davvero così, o qualcuno – parafrasando l’orwelliana ‘Fattoria degli Animali’ – è più uno degli altri? Loro dicono che Beppe Grillo e il suo uomo marketing, Gianroberto Casaleggio, non intervengono nelle decisioni dei gruppi locali, che il comico non è che un ‘megafono’, e si offendono se li chiami ‘grillini’. Ma l’attivista Daniele Vignandel, un negozio di informatica e un passato da ufficiale nell’areonautica, racconta una storia ben diversa. Che risale ai primi esperimenti di liste civiche ispirate a Grillo. Ma giunge fino a oggi. «Parli con uno di quelli che ha fondato il Movimento 5 Stelle», dice Vignandel, che attualmente prosegue il suo impegno nelle Agende Rosse di Salvatore Borsellino. E lancia un appello: «È ora che li fermiate, perché Casaleggio e Grillo stanno prendendo per il culo la gente, come il più becero dei partiti». Il settimanale L’Espresso lo ha intervistato, qui di seguito, facendo seguire le sue accuse alle repliche di Vittorio Bertola, consigliere comunale a Torino per il M5S.

Vignandel, come è nato il suo impegno in quello che sarebbe poi diventato il M5S?

«Già nel 2007 dicevo che si doveva organizzare una lista civica. Avevo fatto dei sondaggi, aperto un meetup apposito, il 635 qui in Friuli (Vignandel è di Pordenone, ndr), per cercare di portare avanti un progetto del genere per le regionali del 2008. Siamo riusciti a mettere insieme una squadra, ma Beppe si è incazzato nero perché ha detto che eravamo troppo in anticipo, che non andava bene. Non riuscivamo a capire il perché. In Sicilia c’era Sonia Alfano, a Roma Serenetta Monti. E poi c’erano altre 16 liste civiche in giro per l’Italia. Noi abbiamo fallito la raccolta delle firme per 120-130 firme».

Questo prima che nascesse il M5S…
«Sì, noi avevamo presentato il simbolo, ed era ‘Amici di Beppe Grillo FVG’. Quando il Movimento non esisteva, non c’era niente. Eravamo noi quelli in avanscoperta, quelli che dovevano far capire all’ufficio marketing se il progetto era valido. Sonia Alfano in Sicilia ha preso 70 mila voti, 50 mila ne ha presi Serenetta a Roma. A Treviso si è piazzato un consigliere. L’idea è diventata appetibile economicamente. Vuol dire che il bacino c’era. Ed è qui che nascono i problemi».

Con chi?
«Con Grillo. E con Casaleggio. È lui che ha preso delle persone e le ha messe in posti ben fidati. Ed è Grillo, per esempio, ad aver voluto candidare David Borrelli alla presidenza della regione in Veneto, anche se era già consigliere comunale e in teoria non doveva farlo. Lui me l’ha detto di persona: ‘Beppe ha detto che devo essere io il candidato presidente, e lo faccio io’».

Ricorda il recente caso Tavolazzi…
«Tavolazzi è un brav’uomo, ma non ha scoperto niente di nuovo. Sono cose che abbiamo visto in anni tante volte. Serenetta Monti? Cacciata, perché si era stata candidata come indipendente nell’Idv su richiesta di Beppe. Nei vari meetup del Veneto, uno come Stefano De Barba, candidato come indipendente sempre nell’Idv, mandato via e trattato a pesci in faccia. A Treviso in tre comuni i candidati sono spariti. Ponzano Veneto, Paese di Treviso, Mogliano Veneto. Tutte e tre autorizzate col simbolo: sparite, epurate. Avevano osato mettersi contro Borrelli.

E la democrazia dal basso?
«Posso garantire che la famosa democrazia dal basso che tanto decantano non esiste. Quando abbiamo iniziato a riunirci, le 17-18 liste più i ragazzi del Piemonte, Favia e altri, era giugno 2009. Il Movimento non era ancora nato. Ci stavamo incontrando tra di noi, liste civiche, per creare un movimento dal basso. Cosa succede? Casaleggio, ogni volta che ci incontravamo, faceva venir fuori un post sul blog di Grillo dicendo ‘questa cosa non è riconosciuta dal blog di Grillo’. Ci hanno messo i bastoni tra le ruote, ci hanno fatto allungare i tempi. La voglia di Grillo e Casaleggio era solo allungare i tempi, perché avevano bisogno di prendere tempo».

Per capire cosa fare, e magari registrare un marchio?
«Esatto. Noi, come liste civiche, che ci radunavamo nel meetup nazionale 823, ci chiamavamo ‘Italia 5 Stelle’, proposto dai ragazzi di Vicenza. Io ero il presidente di quell’associazione. Grillo ha preso tempo, era dubbioso. Ma noi eravamo benvoluti da tutti, sapevano che volevamo fare qualcosa di diverso».

E poi?
«Poi ci hanno invitati a Firenze, in prima fila c’ero io con Serenetta Monti e Sonia Alfano. Come entriamo ci troviamo la carta di Firenze già fatta da Casaleggio, il marchio già fatto da Casaleggio. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: ‘Il marketing è partito’. Hanno visto che c’era possibilità di fare soldi, e ci siamo trovati piano piano sempre più esautorati».

Perché?
«Perché lavorano con il ricatto. Tavolazzi è andato contro le regole: fuori. Io e Sonia non siamo mai andati contro alle regole, ma hanno fatto di tutto per mandarci via. Sonia aveva troppa visibilità. Stessa cosa per De Magistris. Beppe Grillo è una bravissima persona, ma se qualcuno gli porta via il palcoscenico lui si incazza, non ci sta. Sa perché coi giornalisti non parla?».

Dica.
«Perché lui risponde con quello che la Casaleggio gli dice di rispondere. È un bravissimo uomo, ha una grande cultura, ma ha i suoi limiti. Gli voglio bene, però usa quelle formule in stile mafioso: ‘Stai attento a non parlare troppo, perché se parli troppo ti tolgo il simbolo’. Perché il marchio del M5S è stato registrato a nome di Giuseppe Grillo: sia in Europa sia in Italia. Io adesso faccio ancora parte del M5S, sono un regolare iscritto. Ma dissento nella maniera più assoluta da quello che stanno facendo. Stanno prendendo in giro la gente, non è possibile vedere il marketing portato all’estrema potenza come adesso».

Tutto marketing?
«Il Movimento funziona come il Vaticano. Hai il Papa, Grillo, e i cardinali, la Casaleggio. Poi ogni prete nella sua Chiesa può dire quello che vuole. Però devi stare nei canoni dettati dal Vaticano».

Altrimenti vieni scomunicato?
«Esatto. È una vecchia regola, nulla di nuovo: sono i cardinali a comandare. E infatti i responsabili dei meetup a volte, soprattutto nei posti chiave, sono messi lì da Casaleggio. È una specie di Kgb dei poveri».

Casaleggio tiene anche incontri a porte chiuse, che è vietato riprendere, dove istruisce i candidati su cosa dire, e come?
»Ah, le famose riunioni di marketing«.

Quando ha cominciato a farle?
«Molto tardi, alle ultime amministrative. Ma con quelli che io chiamo ‘i balilla’ del Movimento, gente con cui non ragioni in alcun modo, non ce n’è nemmeno bisogno: basta la sudditanza psicologica. Sono dei ‘berluscones’ dall’altra parte, niente di diverso. Chi ha il coraggio di andare contro a uno che ha vinto?».

Tra i militanti quanti la pensano come te e quanti sono ‘berluscones’?
«Sono tantissimi che la pensano come me, ma hanno paura che gli venga tolto il marchio».

Ma tra gli eletti ci sono solo i ‘balilla’, i talebani o anche persone indipendenti da Grillo?
«No, sono praticamente tutti talebani. Quando Beppe arriva e ricatta stai tranquillo che tutti stanno al loro posto. Certo, la gente è stata scelta dal basso. Ma come? Con il famoso sistema di cui ti ho parlato: ‘è sempre stato lì, l’ha sempre fatto’. Guardi che alla riunione di Bologna, per buttare fuori Tavolazzi, c’erano 20-30 persone, mica tutto il Movimento».

I nodi verranno al pettine, prima o poi?
«Assolutamente sì. Io l’ho capito quando ho visto che Grillo ha registrato il marchio in Italia, a marzo 2012. Fino ad allora aveva solo la registrazione europea. Sta cercando di fare più marketing possibile. Aveva bisogno di tenere ben stretto il marchio, ma Grillo appena il Movimento inizia a sgonfiarsi se ne va. E avrà fatto un Movimento dal basso, lasciandosi il modo di dire ‘i ragazzi ora sono liberi di andare da soli’. Perché quando non c’è più nulla da mungere…».

Ma finché lo danno in crescita…
«Resterà saldo al comando, assolutamente».

Senza parlare con i giornalisti, né lui né Casaleggio.
«Assolutamente no. Questi sono come il Pdl: non parlano. Berlusconi li buttava fuori dal partito, Grillo li butta fuori dal Movimento».

Ma tra Grillo e Casaleggio chi comanda chi? Gira voce che ci sia un contratto che dice che Grillo non può scrivere una parola senza che sia approvata da Casaleggio.
«Che io sappia è sempre stato così. Casaleggio è il responsabile. Noi invece volevamo una struttura snella, ma che ci fosse, per il Movimento. Una struttura dove uno prende delle responsabilità e porta avanti un progetto politico. Poi se sbaglia, va via».

Un partito?
«No, una struttura più leggera. Ma qui stiamo parlando di strutture impossibili da gestire, oramai, perché devi mettere troppa gente al suo posto. Non va bene. Serve una struttura leggera, dove una persona abbia forti responsabilità ma anche forti rischi».

Ma il sistema di votazione online per scegliere chi portare in Parlamento?
«È da anni che si parla di questa piattaforma, ma non è mai arrivata. Infatti se guarda una recente intervista ai Pirati Tedeschi hanno dichiarato che Beppe Grillo gli piaceva, però usa un sistema troppo anti-democratico, perché non c’è un sistema di voto. La scusa è sempre che hanno trovato un bug, un problema. Ma in realtà loro non lo vogliono. In maniera che l’anno prossimo il Movimento avrà un progetto politico che arriverà direttamente da Casaleggio, non votato da nessuno. Però tutti per paura di perdere il carro che va a Roma staranno zitti e se lo prenderanno. Perché vanno a parlare male di quello che siede sulla sedia del Pd o del Pdl, ma loro sono uguali, non cambia niente. Non c’è meritocrazia».

Che pensa dei ‘complottismi’ che girano in Rete su Casaleggio, dalle accuse di fare gli interessi di multinazionali ai video visionari sul futuro?
«Anche quello è marketing, da sfruttare per una banda di persone a cui queste cose piacciono. Io li chiamo ‘i testimoni di Geova de noantri’. E ce ne sono, così come c’è gente validissima, a cui darei il mio voto anche domani».

Non è che lei è avvelenato perché l’hanno tagliata fuori?
«Ma chi se ne frega. Alle regionali del Friuli non mi sono nemmeno candidato, ma ho aiutato come tutti gli altri. Io vivo del mio mestiere, e non mi interessa candidarmi. Se avessi avuto quella faccia tosta sarei rimasto nell’areonautica, ora sarei colonnello a 4.200 euro al mese. Invece ho dei principi. Io la mattina mi faccio la barba, e voglio guardarmi in faccia».

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