Omicidio di Loris, la madre tentò il suicidio con fascette di plastica

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54084cd74ce6b30b073c5a23d584d641-krAE-U43050279552460q5G-1224x916@Corriere-Web-Sezioni-593x443Anni fa, quando tentò di uccidersi per la prima volta, Veronica Panarello cercò di farlo con una fascetta da elettricista. Era poco più che una ragazzina, tormentata da un’infelicità perenne e mille insicurezze che avevano a che fare in buona parte con il rapporto conflittuale fra lei e sua madre. Oggi quel dettaglio del tentato suicidio – la fascetta – sembra quasi un particolare da libro giallo e, com’è ovvio, è diventato importante per l’inchiesta. Perché certo non può sfuggire la strana coincidenza di una madre che vuole togliersi la vita in quel modo e di suo figlio che, a distanza di anni, viene ritrovato morto in un canale ucciso «verosimilmente» proprio da una fascetta da elettricista, come dice l’autopsia.

Se Veronica fosse davvero la protagonista di un racconto giallo, quelle stringhe di plastica sarebbero la chiave di tutto. Ma anche se qui siamo nella realtà, i fatti sembrano suggerire la stessa cosa. Perché è sempre sulle fascette che l’inchiesta per l’omicidio di Loris ha registrato nei giorni scorsi un altro passaggio ritenuto «un po’ strano». E cioè la consegna di un mazzo di quegli stessi lacci plastificati alle maestre che erano andate a trovarla per le condoglianze. «Queste le aveva Loris per il compito di scienze. Saranno della scuola, ve le restituisco» ha detto Veronica alle insegnanti. Ma a nessuna maestra verrebbe mai in mente di utilizzare fasce come quelle, potenzialmente pericolose per i bambini. Così quel sacchetto è passato dalle mani di Veronica a quelle della polizia che ritiene compatibili le fascette consegnate con quella (mai trovata) che sarebbe stata usata per strangolare Loris.

«Sono offesa da chi diffonde sul mio conto informazioni false» si difende lei, barricata in casa da una settimana e protetta dal marito e dalla famiglia che non hanno mai avuto dubbi sulla sua innocenza. Con un filo di voce, sfinita dal pianto e dalla tensione, Veronica affida il suo sfogo all’avvocato Francesco Villardita. «Mi hanno già processata e condannata. Ma io sono innocente e ho detto la verità. L’ho detto e lo ripeto: quella mattina ho portato Loris a scuola. E confermo anche il tragitto che ho spiegato di aver fatto, la vigilessa mi ha vista, chiedete a lei». 
Sulla storia delle fascette conferma invece che «ne ho parlato io stessa alle maestre. E quando mi hanno detto che non erano della scuola sono stata io a chiedere di chiamare la polizia perché potevano essere utili per le indagini». 

La mattina del delitto una telecamera ha ripreso il passaggio della sua Polo nera a 50 metri dall’inizio della stradina che porta dove suo figlio è stato ritrovato morto. Doveva avere un motivo misterioso per andare fin laggiù, hanno interpretato gli inquirenti. «Quale mistero?», se la prende lei, «sono stata io ad avvisare la polizia di essere passata in quel punto, ma era per buttare via la spazzatura perché lì ci sono i cassonetti. E loro lo sanno che è andata così e che non è una sorpresa, anche perché abbiamo fatto due sopralluoghi assieme passando proprio da quel punto». 
«State esagerando» aggiunge l’avvocato Villardita riferendosi ai giornalisti. «La signora non è indagata ed è sostenuta da suo marito e da tutta la famiglia. La sola cosa che vogliono tutti in questo momento è riavere Loris e trovare chi l’ha ucciso». 
Loris aveva otto anni. È morto strangolato e, forse, non ha nemmeno potuto provare a difendersi perché piccoli segni trovati sui suoi polsi potrebbero voler dire che le mani erano legate con delle fascette. E chissà, forse quelle fascette sono nello zainetto del bimbo che non si trova da nessuna parte. Ieri lo hanno cercato anche con gli elicotteri di polizia e carabinieri. Sparito. Come sparì il piccolo quella mattina, l’ultima della sua vita.

CorrieredellaSera

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