Il referendum è su Conte, se vince il “No” cade il governo

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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte

di Deborah Bergamini

C’è fra poco un passaggio che può rivelarsi fondamentale per la storia repubblicana, ed è un’opportunità per il centrodestra, che quest’ultimo però non ha ancora deciso di cogliere. Io spero che invece la colga, e in tal senso rivolgo un appello ai leader di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.  Si chiama referendum confermativo sul taglio del numero dei parlamentari ed avrà luogo il 20 e 21 settembre prossimi, anche se se ne parla molto poco, perché chi quel taglio lo ha promosso più di tutti, i 5 Stelle, cerca di farlo passare sotto silenzio per evitare di mobilitare le ragioni – convincenti – di chi vi si oppone, a cominciare da eminenti costituzionalisti, intellettuali e giornalisti.

Si tratta di un passaggio ancora più importante di quello dell’8 agosto dell’anno scorso, quando cui Salvini staccò improvvisamente la spina al governo gialloverde, aprendo la strada a quello giallorosso e consentendo a Conte di restare Presidente del Consiglio con una compagine e con una linea politica completamente diversa, basti pensare al tema immigrazione. Se è vero che da allora Salvini, e con lui la Meloni e anche Berlusconi, hanno sempre chiesto di tornare ad elezioni per mandare a casa il governo Pd/5 Stelle, adesso hanno l’occasione di farlo su un vassoio d’argento. Devono solo, anziché mobilitarsi per il sì al taglio dei parlamentari come hanno fatto fino ad oggi per inseguire la demagogia grillina, mobilitarsi per il no.

Cambiare idea in questo caso non è peccato, se vale la frase, attribuita a Machiavelli, “il fine giustifica i mezzi” (si legge nel Principe, cap. XVIII: «nelle azioni di tutti gli uomini, e massime de’ Principi … si guarda al fine… I mezzi saranno sempre giudicati onorevoli e da ciascuno lodati»). Anche perché la legge approvata in via definitiva l’8 ottobre scorso in sé è un obbrobrio, che renderà il popolo italiano il meno rappresentato d’Europa e darà un colpo fatale al funzionamento della nostra architettura costituzionale, senza migliorarne in alcun modo l’efficienza o la qualità (e smettiamola per favore di dire che in Italia ci sono più parlamentari che in qualunque altro Paese: non è vero, basta andare a curiosare in Germania e negli Stati Uniti). Quindi cambiare idea non è così difficile, e neppure tanto disdicevole. IlRiformista