L’assalto giudiziario è ripartito. Preciso come un orologio. A pochi giorni dalle elezioni elettorali in Sicilia e a meno di un semestre dalle politiche, ecco che i magistrati vanno a indagare nuovamente Silvio Berlusconi.
Lo accusano, insieme a Marcello Dell’Utri, di essere il mandante occulte delle stragi mafiose del 1993 che insanguinarono Firenze, Roma e Milano. La notizia, ovviamente, viene data da Corriere della Sera e Repubblica. A ogni appuntamento elettorale, sempre la stessa storia. A questo giro, con il centrodestra nettamente in testa nei sondaggi, il tritacarne elettorale viene oliato dalla procura di Firenze che ha fatto riaprire dal giudice per le indagini preliminari un fascicolo già archiviato nel 2011.
La procura del capoluogo toscano già altre due volte aveva aperto un’inchiesta su Berlusconi. L’ultima era stata, appunto, archiviata sei anni fa. Ora avrebbe ottenuto dal gip la riapertura del fascicolo sull’ex premier e Dell’Utri, dopo aver ricevuto da Palermo le trascrizioni dei colloqui in carcere del boss di Cosa nostra Giuseppe Graviano. I pm di Palermo lo avevano intercettato durante il processo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia. “Berlusconi mi ha chiesto questa cortesia, per questo c’è stata l’urgenza”, diceva il padrino al camorrista Umberto Adinolfi mentre facevano l’ora d’aria nel braccio del 41 bis del carcere di Ascoli Piceno. Era il 10 aprile dell’anno scorso. “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi – raccontava Graviano – lui mi ha detto: ci vorrebbe una bella cosa”. E ancora: “Trent’anni fa, venticinque anni fa, mi sono seduto con te, giusto? Ti ho portato benessere. Poi mi è successa una disgrazia, mi arrestano, tu cominci a pugnalarmi. Per cosa? Per i soldi, perché ti rimangono i soldi…”. Gli omissis, però, sono molti. E la maggior parte delle frasi sono di dubbia interpretazione. Il procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo, ha comunque delegato alla polizia giudiziaria lo svolgimento di verifiche.
Per riasprire un fascicolo già chiuso da almeno cinque anni, i pm di Firenze vanno a fidarsi di un boss in carcere dal 1994. Parole che l’avvocato Nicolò Ghedini non fatica a bollare come “illazioni infamanti” pubblicate ad hoc “prima del voto”. D’altra parte Berlusconi non ha mai avuto “alcun contatto né diretto né indiretto con Graviano”. Ma quello, che ancora oggi vediamo in atto, è il solito schema del tritacarne giudiziario messo in piedi per colpire e screditare l’avversario politico. IlGiornale