Regionali Sicilia, una poltrona per 12

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Palazzo D'Orleans, sede della Presidenza della Regione Siciliana.

Palazzo D’Orleans, sede della Presidenza della Regione Siciliana.

“Cara Sicilia ti scrivo…”. L’ultima delle concorrenti a una competizione elettorale che sembra diventato un tappone del Tour de France ha deciso di inviare una metaforica lettera all’Isola per presentarsi. Lei si chiama Lucia Pinsone e i più attenti osservatori la conoscono già: si candidò infatti nel 2012, conquistando la bellezza di 2.278 voti, lo 0,11 per cento del totale. Adesso ci riprova, forte dell’ascolto di “migliaia di siciliani” fatto in questi anni, alla guida del “movimento etico-politico Vox populi voluntas Dei”. Pinsone, nella sua lettera, lancia una serie di “non ci sto”, Che si chiude con: “Non ci sto agli abusi perpetrati su molti allevatori ed agricoltori, quelli che non hanno amici tra gli ignavi,  e per cercare di richiedere i propri diritti negati devono munirsi di certificati antimafia”.

Con l’ultima nomination siamo a dodici. A questa soglia giunge il numero dei candidati alle Regionali siciliane. Malgrado la sintesi fatta (o tentata) dalle principali coalizioni. E malgrado altri nomi, proprio in conseguenza di ciò, siano nel frattempo usciti di scena: quelli di Gaetano Armao e Roberto Lagalla, solo per fare gli esempi più recenti, passati dallo status di aspiranti governatori a quello di aspiranti assessori di Nello Musumeci. Simile, sull’altro fronte, analogo il cammino di Rosario Crocetta e Giovanni La Via. Una cifra ancora in evoluzione, ovviamente. La scadenza dei termini per la presentazione delle liste è fissata il 6 ottobre.

LO SGARBI INFURIATO
L’ultima attrazione, in ordine cronologico, era stato lo Sgarbi infuriato, che la discesa in campo l’ha fatta venerdì alla sua maniera: con una constatazione che riecheggia il Marchese del Grillo («Io sono io e gli altri chi sono?»), l’annuncio di aver trasferito la residenza a Calascibetta e un appello a Totò Cuffaro: «Hai subito un progetto ingiusto, ti offro un progetto di riscatto culturale in nome della verità e contro ogni impostura, giudiziaria e politica». Ci mancava solo Sgarbi, che per la verità aveva già lasciato intendere nei mesi scorsi le sue intenzioni, nell’unico campo largo che finora funziona: quello dei concorrenti alla poltrona di Palazzo d’Orleans. Il critico d’arte ha anche indicato due assessori: Bruno Contrada e Mario Mori.

IL CACCIATORE DI EVASORI
Ma fuori dai recinti dei partiti si sono moltiplicate le iniziative autonome. Come quella di Antonio Fiumefreddo, fustigatore dei grandi evasori siciliani, il dirigente di Riscossione che postò su Facebook il video della sua audizione all’Ars corredandolo con le note del “Padrino”. «Continuerò a essere il nemico giurato di questa casta di impresentabili, che a distanza di cinque anni ripropongono persino le stesse facce », sibila Fiumefreddo, alludendo a un altro aspetto di queste elezioni, ovvero l’effetto replay. Perché, tolto il rettore Fabrizio Micari, cinque dei dodici candidati in campo furono protagonisti già nel 2012: Giancarlo Cancelleri, Claudio Fava, Nello Musumeci, Lucia Pinzone e persino il leader dei Forconi Mariano Ferro. Uno che almeno non si nasconde: «Le firme le stiamo raccogliendo, le liste le faremo. Poi, se il centrosinistra o il centrodestra ci offrissero spazio in extremis, potremmo riparlarne. Nel 2012 rifiutammo un posto nel listino di Crocetta e non ci andò benissimo». Non tutte queste iniziative, sia chiaro, sono figlie di spontaneismo. Fiumefreddo, ad esempio, si spinge al limite dello stalking politico: «Rincorrerò Musumeci e Micari piazza per piazza, comiziando ogni volta un minuto dopo di loro». Ma una lucida strategia ce l’avrebbe: quella di fare da quinta colonna di M5S, sottraendo agli altri candidati i voti di protesta che non andrebbero mai a Grillo, per dialogare con i 5 stelle dopo le elezioni.

LA REPUBBLICA DI PLATONE
Il vecchio, glorioso, mondo autonomista e sicilianista ha almeno due candidati. Uno è l’ex superburocrate Francesco Paolo Busalacchi, 72 anni, già capo di gabinetto di Rino Nicolosi. Quando andò in pensione, nel 2002 e a soli 57 anni, disse che lo faceva perché non si ritrovava più in quell’amministrazione: «Io posso giocare da riserva nella Repubblica di Platone. Ma alla Regione faccio il titolare». Ci proverà adesso, Busalacchi, a riconquistare un posto in prima squadra. Al fianco ha alcuni storici difensori delle prerogative dell’Isola — da Erasmo Vecchio a Beppe De Santis — e due assessori designati non siciliani: l’economista Nino Galloni e il filosofo Diego Fusaro. Busalacchi ha scelto una condotta aggressiva («Fermeremo le navi cariche di grano estero che arrivano in Sicilia», uno degli impegni) e alcuni silenzi ostentati: «Vuole sapere l’importo della mia pensione? Non glielo dico, è il segreto che ho custodito meglio in vita mia», ha detto l’ex dirigente a una giornalista di Mediaset. Dall’altra parte, per il movimento Siciliani liberi (lo stesso che ha candidato Ciro Lomonte al Comune di Palermo), c’è l’avvocato Roberto La Rosa, che si è presentato con un’autodefinizione eloquente: «Sono un patriota».

CARA VECCHIA DC
Nella griglia di partenza figura anche un’altra donna, Piera Loiacono, fiera di proclamarsi democristiana e alfiera di alcuni simboli storici del pentapartito: da “Libertas” al Partito liberale italiano di Stefano De Luca. «Oggi più che mai — dice Loiacono — in Sicilia non è più sufficiente voltare pagina ma bisogna cambiare il libro». Completa il quadro, per il momento, Alessandro Fontanini, esponente de “Il Centrodestra”, una delle sigle che alle Comunali di Palermo sostenevano la candidatura di Ismaele La Vardera, il candidato finito nella bufera perché sospettato di essersi messo in pista solo per realizzare un reportage televisivo. «Voglio riportare la gente che incontro ad avere fiducia in colui che fa politica », scrive Fontanini su Facebook. E giura che non è un fake. Repubblica Palermo