
Da sinistra: Riccardo Nuti, Claudia Mannino, Giulia Di Vita, Samanta Busalacchi (Foto Corriere.it)
Per i deputati grillini accusati di avere presentato alle Comunali di Palermo nel 2012 liste con «firme false» è un diritto avvalersi della facoltà di non rispondere. Ma l’idea che, come recita un proverbio siculo e come scrive Corriere.it, «la migliore parola è quella non detta» stride con i principi di un movimento che della trasparenza ha fatto il suo verbo. E per questo, quando ieri mattina i parlamentari Riccardo Nuti e Claudia Mannino si sono presentati in Tribunale facendo scena muta con il procuratore aggiunto Dino Petralia, rifiutando di sottoporsi anche al cosiddetto «saggio grafico» per il confronto delle firme, è scattata una rivolta della base sui social: esplicita richiesta di sospensioni, con invettive. La decisione è arrivata in serata: sospesi in quattro, i deputati Claudia Mannino, Giulia Di Vita e Riccardo Nuti, più l’attivista Samanta Busalacchi. Ha pesato, si legge sul blog di Beppe Grillo, «il non aver raccolto l’appello del garante del M5S che aveva chiesto una autosospensione a tutela dell’immagine del M5S» e, per Nuti, Mannino e Busalacchi l’avvalersi della facoltà di non rispondere e il rifiuto della prova grafica «comportamenti non conformi ai principi del Movimento».
L’inchiesta si allarga a 13 indagati, compresi l’avvocato Francesco Menallo e il cancelliere Giovanni Scarpello ascoltati ieri, ma pure loro «muti». La vicenda ha ormai due «pentiti» interni. Con un altro deputato regionale, Giorgio Ciaccio, che conferma i pasticci denunciati per prima dalla sua collega Claudia La Rocca. Prova a smarcarsi la deputata, pure lei indagata, Giulia Di Vita, l’unica a confrontarsi con gli insulti dei militanti. «Io ho già parlato ai pm per un’ora e mezza», scrive. E tenta di arginare le critiche sulla mancata prova calligrafica: «Ci sono le indagini in corso». I deputati hanno preferito ascoltare il loro avvocato, Domenico Monteleone, lo stesso di altri due indagati ieri silenziosi in Procura, Pietro Salvino, marito di Claudia Mannino, e Riccardo Ricciardi, marito della deputata Loredana Lupo: «Se uno è innocente perché si deve autosospendere?». Ma poi, a parlare, è stato il blog.