L’Italia sana non è un paese razzista

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di Giuliano Guzzo

Si è ufficialmente costituita la Commissione Jo Cox contro l’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio presieduta dalla Presidente della Camera, la quale annuncia che si metterà subito insieme agli altri componenti «al lavoro sul serio contro il razzismo», allo scopo «di individuare il fenomeno, riconoscerlo e poi mettere in campo misure per prevenirlo e contrastarlo». Ora, questa ennesima notizia – unitamente alla prolungata copertura mediatica sui gravi fatti di Fermo – potrebbe alimentare il sospetto che il nostro Paese sia balia di sentimenti razzisti. Ebbene, fortunatamente non solo non è così, ma per quanto possono i dati collocano l’Italia fra i Paesi europei più tolleranti.

Infatti – posto che anche un solo episodio di razzismo va condannato con fermezza – se si vanno a vedere i numeri dell’annuale rapporto dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo (Odihr) dell’Osce – organizzazione per la sicurezza e la cooperazione che dal 2006 raccoglie e sistematizza informazioni e statistiche ricevute dagli Stati aderenti – si scopre in effetti come da un lato i casi di violenza segnalati siano in aumento, anche se questo è verosimilmente determinato da un sistema più efficiente di rilevazione e di comunicazione dei dati, ma, dall’altro, come il confronto fra altri importanti Paesi europei veda l’Italia particolarmente tollerante.

Gli episodi di razzismo e xenofobia segnalati nel nostro Paese nel 2014 ammontano difatti a poco più di 400 – per la precisione, 413 –, che è comunque un numero da non sottovalutare anche se molto più basso di quelli registrati in Francia (678), Finlandia (829), Germania (2.039), Svezia (2.768) e Regno Unito (43.113), tutti Paesi solitamente osannati come più avanzati e civili del nostro. Certo, si può sempre obiettare che questi dati possono risentire di una differente propensione, da Paese a Paese, alla segnalazione degli atti di violenza ma, a parte che la cosa è tutta da dimostrare, la discrepanza tra quanto rilevato in Italia rispetto agli altri Paesi è troppo elevata per essere spiegata solo così.

Più probabile appare invece l’ipotesi che questi dati – che riguardano segnalazioni effettive, ancorché non casi accertati, e non stati d’animo della popolazione o pensieri registrati da rilevazioni che poi, però, nulla dicono di fattuale – riflettano sostanzialmente la realtà di un Paese, il nostro, che per quante contraddizioni e problemi abbia, non si può certo considerare inospitale o dominato dalla xenofobia. Affermare tutto questo, sia chiaro, non significa abbassare la guardia o invitare a farlo nei confronti dell’intolleranza, ma semplicemente ribadire quanto affermava Indro Montanelli (1909-2001), uno che i pregi e limiti del nostro popolo li conosceva bene: «Gli italiani non sono razzisti, non è nel loro DNA».