La letizia dell’amore. Così papa Francesco riporta la Chiesa alla sua missione originaria

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di Valerio Musumeci 

C’è bisogno di dire ovvietà? Sì, c’è. Perchè la realtà assiomatica che la Chiesa Cattolica poggi la sua esistenza sul regalo d’Amore di Gesù Cristo è stata a lungo rifiutata, in seno alla Chiesa e fuori, e ancora oggi – con più violenza e meno gusto che in passato – si tornano ad usare parole, per riferirsi alla Sposa di Cristo, che sono fuori tempo massimo prima ancora che fuori contesto: “medievale”, “arretrata”, “oscurantista”. Proprio oggi che regna un pontefice come Francesco, che con il proprio carisma allontana queste parole da sé ed anzi se ne attira di contrarie (“modernista”, “progressista”, “accondiscendente”), la Chiesa vede il secolo fare cerchio intorno a Lei con l’intenzione di demolirne definitivamente la credibilità e il rispetto, dunque l’autorità. Eppure il fatto che Essa poggi sul dono d’amore di Cristo è assiomatico, oltre che evidente. Di conseguenza c’è bisogno di dire cose ovvie, per riportare i molti dispersi dalle trame del secolo e della sua informazione al loro posto, dentro l’abbraccio che è di Madre e Maestra. 

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Il testo autografo con il quale il Santo Padre ha indirizzato l’Esortazione ai fratelli vescovi

Papa Francesco ha dunque pubblicato l’Esortazione Apostolica che si attendeva dopo i due Sinodi sulla Famiglia degli anni passati (l’uno Straordinario, l’altro Ordinario e complementare) e l’ha intitolata “Amoris laetitia”, “La letizia dell’Amore”. Non sfuggirà al lettore il parallelo con la “Evangelii gaudium”, documento programmatico del Santo Padre e struttura stessa del suo pontificato. Struttura, non base: perché la base è appunto l’Amore di Dio espresso felicemente dal concetto di “Misericordia” che il papa ha ripreso dai predecessori e rilanciato con forza nella temperie attuale: e ciò lo ha fatto con una coerenza che lascia intendere studio e ragionamento, di là dall’ovvia partecipazione teologica che Francesco, contrariamente a ciò che si pensa, niente affatto rifiuta ed anzi cerca, per consolidare la propria opera e per gusto personale – il papa è fine conoscitore di molte cose che la sua immagine “pop” sembra rifiutare: e giù appunto con “modernista”, “progressista”, “accondiscendente”. La bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, per esempio, ha per titolo “Misericordiae vultus”: e la preghiera che accompagna la bolla recita: «Signore Gesù Cristo […] Tu sei il volto visibile del Dio invisibile». Misericordia non è quindi un concetto che il papa lega a Gesù, come un qualsiasi attributo divino: Gesù è esso stesso Misericordia, anche nominalmente. Pertanto la preghiera prosegue ricordando che Maria è «Madre della Misericordia»; e il papa, senza essere retorico, può intitolare il suo libro-intervista con Andrea Tornielli de La Stampa “Il nome di Dio è Misericordia”. Non è un apparolamento in buona fede per tentare di gestire i tempi e donare ai fedeli un po’ di conforto: è il modo stesso, personale ma storicizzato, con cui Francesco affronta il proprio rapporto con Misericordia, ovvero la Trinità. Nel libro il Santo Padre ricorda il suo motto, che è “Miserando atque eligendo”: avendolo scelto nel 1992, per l’ordinazione episcopale, possiamo definitivamente escludere che la riflessione sulla Misericordia sia improvvisata e contingente. E’ invece robustissima teologia, altro che. 

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Un’immagine del Sinodo della Famiglia

Il regalo d’Amore di Gesù Cristo, ovvero la Misericordia della Misericordia, è dunque la base del pontificato di Francesco come lo è sempre stata – di là dalle accuse violente del secolo – per la Chiesa cattolica tutta. Il papa, che oltre ad essere molto buono è anche assai pratico, sente come anticipavamo il dovere di ribadirlo e lo fa nei documenti che segnano le tappe del suo pontificato. Intorno alla base, che è la Misericordia di Dio, disegna i confini della “gioia”, che per lui l’atteggiamento naturale del cristiano (come lo era, evidentemente, per Cristo): ecco dunque il “gaudium” dell’Evangelo e la “laetitia” dell’Amore: ad ogni manifestazione del mistero di Dio, sia esso il Vangelo universale o l’Amore singolare che ciascuno incontra per la propria strada, il cristiano è chiamato a rispondere con gioia e con letizia. Nello specifico, “Amoris laetitia” affronta il discorso dell’Amore familiare, cioè – a ben rifletterci – di qualsiasi amore noi possiamo incontrare: e lo fa partendo dai documenti prodotti dai famosi Sinodi di cui tanto si è parlato. Non è un testo semplice, come avverte il Santo Padre al punto 7 dell’introibo:

A causa della ricchezza dei due anni di riflessioni che ha apportato il cammino sinodale, la presente Esortazione affronta, con stili diversi, molti e svariati temi. Questo spiega la sua inevitabile estensione. Perciò non consiglio una lettura generale affrettata. Potrà essere meglio valorizzata, sia dalle famiglie sia dagli operatori di pastorale familiare, se la approfondiranno pazientemente una parte dopo l’altra, o se vi cercheranno quello di cui avranno bisogno in ogni circostanza concreta.

Noi specifichiamo di aver dato una lettura generale e squisitamente giornalistica, ovvero grossolana: ci consola il fatto che i nostri colleghi di tutti i giornali italiani l’abbiano fatto prima di noi e anzi già pochi minuti dopo la sua presentazione. La quale è avvenuta in regolare conferenza stampa, con anche alcune domande volte a capire chi effettivamente avesse scritto il testo: alla quale curiosità il sempre vigile padre Federico Lombardi rispondeva che un testo firmato dal papa è per definizione del papa. Ma lo si vede anche dalla subitanea citazione di Jorge Luis Borges, definito “il poeta” come noi definiamo il Leopardi: non meno che da un certo “polso” che emerge in taluni passaggi, come al punto 31 che introduce il Secondo capitolo: 

… poiché i Padri sinodali hanno apportato uno sguardo sulla realtà delle famiglie di tutto il mondo, ritengo opportuno raccogliere alcuni dei loro contributi pastorali, aggiungendo altre preoccupazioni che provengono dal mio proprio sguardo.

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Il Santo Padre

Il Santo Padre

E come non vedere quello sguardo di pastore cosciente e presente nel raggiungere, dopo poche decine di pagine, il nocciolo vero della questione? Di che cosa stiamo parlando quando parliamo di famiglia, di Amore e della letizia che ad essi è collegata? Dare una lettura completa del fenomeno familiare e delle sue evoluzioni contemporanee fino ad alcune inammissibili storpiature è ovviamente impossibile e il Santo Padre lo sa prima di noi (vedi ancora il punto 31). Pensare che il più grosso disagio del fedele nell’approciare la dottrina della Chiesa sul tema dell’Amore sia il sesso non è altrettanto impossibile. A noi tutti sarà capitato di chiederci dove e come commettiamo un peccato quando amiamo fisicamente una persona; gli argomenti relativi al sesso sono tra i più pruriginosi e impervi per l’accettazione sociale della dottrina cattolica (vedi contraccezione, aborto, omosessualità) e influenzano profondamente il nostro rapporto con la stessa nonostante altri argomenti ci convincano pienamente e nonostante, magari, abbiamo la Grazia di una vera, sincera e sensibile Fede. In quest’ultimo caso, e sono dolori, la rottura tra una vera Fede e una incomprensibile dottrina sessuofoba – tale è convenzionalmente descritta (a torto) quella della Chiesa – può portare a rifuguarsi in un Dio personale e slegato dalla necessità di apprendimento, crescita e confronto che si realizzano abbracciando pienamente la Sposa di Cristo. Questa è la più grande paura del papa: il Dio personale che partendo magari da una vera Fede, non essendo coltivato per paura della Chiesa, impercettibilmente si va spegnendo lasciando un individuo – non più fedele – spaurito e in balia degli attacchi del secolo. Quanti “credenti” oggi ritengono giusto che si parli di “famiglia arcobaleno” e “famiglia tradizionale”? La loro Fede, ovvero il rapporto diretto con la Verità e la Misericordia, è stata spenta dalla disattitudine alla Parola. E questo è il relativismo contro il quale si scagliava il venerato Benedetto XVI. 

Il sesso è sbagliato? Se è sano, no. La Chiesa rifiuta il sesso? Restando nella sanezza, no. Di nuovo il papa si trova costretto a ribadire cose ovvie, e deve farlo per evitare che il gregge si disperda. E’ un’esigenza di nuovo robustamente pastorale, che il papa affronta in un paragrafo intitolato “La dimensione erotica dell’amore”: 

Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature. Quando la si coltiva e si evita che manchi di controllo, è per impedire che si verifichi «l’impoverimento di un valore autentico». San Giovanni Paolo II ha respinto l’idea che l’insegnamento della Chiesa porti a «una negazione del valore del sesso umano» o che semplicemente lo tolleri «per la necessità stessa della procreazione». […] In nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare. […] Trattandosi di una passione sublimata dall’amore che ammira la dignità dell’altro, diventa una «piena e limpidissima affermazione d’amore» che ci mostra di quali meraviglie è capace il cuore umano, e così per un momento «si percepisce che l’esistenza umana è stata un successo».

[continua]