Oggi tredici milioni di italiani saranno chiamati al voto. In un Paese che conta sessanta milioni di anime, di cui circa cinquanta aventi diritto al voto, volete forse che tredici milioni di voti potenziali non rappresentino un termometro attendibile dell’attuale situazione politica in Italia, e quindi un test per il Governo? Certamente sì, contrariamente a quel che ha più volte dichiarato Matteo Renzi commentando la chiamata alle urne di oggi. Una fesseria ancor più grande, se si tiene conto anche e soprattutto del fatto che si è chiamati al rinnovo – tra le altre – della città più importante del nord Italia (Milano), di una delle più importanti del Sud (Napoli) e soprattutto di Roma Capitale. Qui la partita è ancor più complicata specie nel centrodestra, perchè se a Milano la quadra è stata trovata su un personaggio di indiscutibile valore quale è Stefano Parisi, a Roma la partita è divenuta pian piano terreno di scontro sulla successione alla leadership in chiave post-berlusconiana.
Tutti ricorderanno le querelle che per settimane ha appassionato gli addetti ai lavori su Guido Bertolaso e la sua candidatura a sindaco della Capitale: candidatura sì, candidatura no. Alla fine il duo Meloni-Salvini, con quest’ultimo a fare da pungolo continuo al candidato proposto dapprima agli alleati da Berlusconi (che ne aveva ottenuto il benestare) ha deciso per lo strappo romano. Attenzione però: a Milano la candidatura di Parisi è stata blindata, ed in quel caso a Salvini (al Nord certamente più forte che a Roma) è andata giù anche l’alleanza con NCD di Alfano, lasciando prevalere il cosiddetto “modello-Lombardia/Liguria”. A Roma è diverso: Berlusconi, sentitosi di fatto “tradito” dai giovani e rampanti Salvini e Meloni, ha quindi optato per il sostegno al candidato che in un primo momento risultava essere il favorito dall’intera Forza Italia, vale a dire Alfio Marchini. “A Roma ho dato una piccola lezione a Salvini”, ha dichiarato nei giorni scorsi Berlusconi. Un Berlusconi che non si è mai posto il problema della leadership del centrodestra, specie se a ridosso di un’elezione amministrativa. Ma sentitosi costretto dallo scorrere degli eventi, in ultimo ha corso ai ripari lanciando il sostegno all’unico candidato non solo condiviso dall’intero suo partito, ma che nell’eventualità prevalga il buonsenso degli elettori e che quindi Marchini giunga al ballottaggio contro Virginia Raggi (la candidata di Grillo, data per favorita), sarebbe l’unico a poterla spuntare e divenire quindi sindaco, essendo Marchini un candidato civico e dapprima apartitico, con un passato anche a sinistra, e che quindi da quella parte politica potrebbe attrarre numerosi consensi nel caso in cui Roberto Giachetti non dovesse farcela.
Parlo di buonsenso perchè questa delle grandi città è senza dubbio un’occasione che non andrebbe sprecata. Bisogna andare tutti a votare. Perchè l’astensione non aiuta altri che la sinistra (da sempre militarizzata alle urne), e quindi il malgoverno. E poi perchè rappresenterebbe certamente un segnale di enorme portata per Matteo Renzi, esattamente come qualsiasi elezione di medio termine tra il 2001 ed il 2006 e poi dal 2008 al 2011 rappresentò a suo tempo segnali importanti per Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio. I cittadini possono scegliere tra il buongoverno – oltre che il buonsenso – del centrodestra, l’antipolitica no-sense e telecomandata di Grillo e lo sfascismo e l’inadeguatezza della sinistra. Non vi è altro da aggiungere. Buon voto.