Paternò al voto nel 2017. Escludere le primarie per candidato anti-Mangano

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Palazzo comunale Paternò

Palazzo comunale Paternò

di ANDREA DI BELLA

E’ legittimo pensare che in queste settimane, e da qui in avanti, gruppi ed esponenti politici a Paternò stiano valutando e valuteranno attentamente come procedere in vista delle elezioni per il rinnovo di Consiglio Comunale e Amministrazione. Se da un lato il sindaco Mauro Mangano quasi certamente deciderà di scendere nuovamente in campo da candidato per il centrosinistra, dall’altra parte è legittimo ammettere che esiste un fronte enorme ed altamente competitivo pronto a scaldare i motori. Per fronte alternativo al Partito Democratico, che certamente non vorrà non ricandidare Mangano (pena l’ammissione dell’indubitabile suo fallimento amministrativo), non si intende certo il centrodestra così come siamo stati abituati a conoscerlo e a riconoscerlo: non il cosiddetto centrodestra di stampo berlusconiano, vale a dire quello che andava dalle posizioni moderatiste di centro a quelle più identitarie della destra nazionalista. Qui parliamo di un fronte ampio che comprende il centro democratico moderato, una parte ampia della destra verosimilmente riconducibile alla precedente Amministrazione, ad un enorme blocco sociale popolare politicamente non del tutto definito, per arrivare a quella parte di centrosinistra disgustato da quest’ultima esperienza di governo della città. Il perchè è presto detto: serve una legislatura costituente, che dia modo alla nuova Amministrazione di mettere mano al disastro prodotto da quella attuale, e che possa placare gli animi in città e dentro il palazzo, con l’obiettivo di pacificare il clima politico-sociale e ristabilire ordine ed efficienza nell’azione di governo. Tra tutte, molto apprezzate le analisi del collega Salvo Fallica su L’Indipendente, che ha più volte sottolineato lo stato di forte smarrimento di cittadini e attori politici della città. Uno smarrimento che ha sostanzialmente prodotto uno sfaldamento complessivo della comunità ed un’impasse amministrativa che non ha precedenti.

In un editoriale pubblicato il 28 maggio del 2015, ebbi a scrivere che “La leadership andrà necessariamente individuata attraverso delle consultazioni primarie. Quale vantaggio si avrebbe nel dividere uno schieramento oggettivamente vincente? Chi aspira alla guida di una certa coalizione si sottoponga al giudizio degli elettori ancora prima di competere, quindi”. Parlavo di centrodestra, ed in più del centrodestra dei partiti e degli uomini e donne di partito. Non è più così, ed in quasi un anno è cambiato tutto. In ogni caso, uno strumento democratico di individuazione della leadership sarà il solo modo per consegnare ad una personalità di comprovata capacità e popolarità la guida di un’ampia coalizione che concorrerà alla guida della città, in contrapposizione all’attuale e frastagliata compagine di sinistra.

Ma se le primarie dimostrano (a Milano con Giuliano Pisapia, a Roma con Ignazio Marino, a Napoli con Luigi De Magistris) che non solo hanno partorito i peggiori sindaci della storia di quelle città, ma che lo strumento è indubbiamente manipolabile, una consultazione diretta dei cittadini – tolti gli eventuali colpi di scena – resterà probabilmente un passaggio cui non ci si potrà sottrarre. Un sondaggio a mezzo telefonico o web non è da escludersi, tenuto conto che le primarie dirette rappresentano oggi e nella condizione attuale in cui versa la politica e le amministrazioni di ogni ordine e grado, un sistema che produrrebbe anzitutto un sostanziale sfiancamento di candidati e corpo elettorale, e che fornirebbe agli avversari (Cinquestelle in primis) enorme vantaggio nel descrivere la più qualificata e corposa alternativa politica e sociale a questa Amministrazione come arraffona e confusa. Ne uscirebbe fuori una compagine, in sostanza, che si azzuffa al suo interno sul candidato leader. Sarebbe un errore imperdonabile. Serve umiltà. Ed inoltre serve individuare, col buonsenso di tutti, quella personalità indiscutibilmente popolare che possa servire alla causa delle diverse anime politiche e civiche presenti sul territorio.