Quando con il direttore Di Bella abbiamo pensato a Luned’arte contavamo di parlare anche di cinema; non pensavamo però di doverci occupare di un film come quello circolato su internet in questi giorni, dell’uomo e della donna ripresi con un telefonino a fornicare impetuosamente e sotto gli occhi di tutti alla Playa di Catania. Il video merita attenzione per la sapiente regia e l’evidente ispirazione dei protagonisti, preda di un qualche delirio orgiastico estrinsecato selvaggiamente sotto il sole di maggio. Come diceva una macchietta televisiva di cui non ricordo il nome, la domanda non è chi è, ma perché?
Perché succedano queste cose, perché una coppia si lasci andare all’esibizionismo più sfrenato, perché i ragazzi riprendano la scena col telefonino, perché in fondo la cosa sia stata presto riassorbita dall’immaginario catanese, sono tutti perché che si spiegano, per chi scrive, con un solo concetto. E’ caduto il decadentismo, ovvero la cifra più esatta della catanesità. Sono caduti i freni inibitori ma è caduto lo stesso concetto di caduta, per cui una cosa del genere non genera imbarazzo nel merito – cioè perché una coppia decida di fottere senza ritegno davanti a tutti – ma nel metodo, cioè nel luogo, la spiaggia, uno stato in luogo psicologicamente irrilevante e del resto subito rientrato. Fosse stato in un supermercato piuttosto che alla fermata dell’autobus, cosa sarebbe cambiato? Eppure ciò che è rimasto è stato il sesso in spiaggia, non il perché del sesso in spiaggia. La morale del decadentismo nella sua vocazione più romantica era l’art fors art’s sake, l’arte per il piacere dell’arte, che consentiva ai padri nobili di quel fenomeno di costume prima ancora che letterario di condurre vite volutamente disordinate, tese ad esprimere il primato della Musa su qualsiasi altra cosa, fosse anche la vita del suo portatore, ovvero l’artista. La riflessione era tutta concentrata sul perché: l’albatro di Charles Baudelaire non interessava a nessuno dal punto di vista ornitologico, ma come metafora dell’anima del poeta assumeva rilievo enorme, tanto da essere ancora studiato. Così la vita e l’opera di tutti coloro che si immisero nel solco tracciato da Baudelaire in Francia sotto la spinta di più sublimi sentimenti provenienti dall’Inghilterra. Riflessione sul perché, non sul dove o peggio sul chi. Quella coppia intenta a darsi piacere – credo se ne siano dato poco, altro dato potenzialmente significativo – è come l’albatro di Baudelaire: potrebbe essere metafora della nostra società, del suo andazzo bovinamente disordinato, della mancanza di punti di riferimento sui quali abbiamo costruito un mondo e senza i quali ci avviamo a distruggerlo (per primo il pilastro cristiano-cattolico, con i suoi santi pudori). E invece si riduce a episodio passeggero, virale e poi dimenticato, di due teste di cavolo che danno spettacolo sulla spiaggia, esibizionisti senza più nulla da esibire. Il Decadentismo è caduto, e con esso anche l’ultimo alito di poesia – intorno, c’è solo squallore.
Valerio Musumeci