«Si muore di caldo, mentre la politica si gode l’aria condizionata». È uno dei passaggi più duri contenuti nel diario scritto da Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, sulla situazione esplosiva che si vive in questi giorni a Rebibbia, tra celle roventi e degrado. Il testo è stato letto pubblicamente in Aula da Michele Fina (Pd), nel corso del dibattito sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere in magistratura, per denunciare l’ipocrisia di un Parlamento che, a suo dire, «ignora i drammi concreti della giustizia italiana».
Nel diario, Alemanno — già ministro, parlamentare e sindaco della Capitale — descrive le condizioni climatiche insostenibili all’interno del carcere, dove la temperatura aumenta piano dopo piano, fino a registrare oltre 10 gradi in più all’ultimo livello rispetto al piano terra. Una situazione che, sommata al grave sovraffollamento, rende l’esperienza detentiva «una tortura quotidiana».
La denuncia è diretta e politica: mentre fuori si discute di riforme, dentro le carceri si soffre nel silenzio, senza che nessuno, accusa Fina, si prenda la responsabilità di affrontare l’emergenza climatica e umanitaria che si consuma dietro le sbarre.