“L’OLIMPO DI CAMILLA” – Poetry therapy: quando la poesia aggiusta l’anima

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(Photo: Andrea Piacquadio)

di Federica Camilla Parenti

Le parole sono balsamo per l’anima. Un complemento proteico per lo spirito, dotate di un super potere in grado di salvare una vita, modificandone per sempre il destino. Le parole sono creature viventi che “stanno all’anima come la medicina sta al corpo”. Lo sostiene il filosofo Gorgia, il quale afferma che la parola racchiude in sé un potere taumaturgico o distruttivo, per questo è opportuno maneggiarla con cura e farne buon uso. Ogni persona funziona come una biblioteca vivente entro cui confluiscono parole che ne modellano il quotidiano, influenzandone scelte e credenze, perché le parole ci abitano. La loro fisicità le rende corpi contundenti o morbide carezze, che possono arrecare danno o, al contrario, portare beneficio a chi ne usufruisce. Medici e infermieri somministrano parole a colazione ai loro pazienti, che possono incidere profondamente sulla loro risposta agli stimoli dolorosi nonché le aspettative legate all’assunzione di un farmaco, con un miglioramento degli effetti analgesici. In questo quadro, il contesto riveste un ruolo di estrema importanza, perché la stessa parola può sortire effetti diversi in base alla persona che si ha davanti.

Già nel 4000 a.C., gli Egizi avevano compreso il valore intrinseco che la parola contiene. Medici e sacerdoti erano infatti soliti somministrare per via orale papiri inumiditi ai pazienti affetti da turbe psichiche: papiri che contenevano formule curative che venivano letteralmente ingoiate dal malato, che una volta cibatosi della parola si credeva sarebbe guarito. Una pratica che mette al centro la convinzione che la parola scritta abbia un valore terapeutico, perché nel suo chiudere i margini di una ferita ci permette di vedere il problema all’esterno, proiettandolo all’infuori di noi. La parola scritta ci obbliga a porci davanti allo specchio, dando corpo al problema, attribuendogli un nome, un’identità, il che lo rimpicciolisce. Essa consente all’anima di ricomporsi, e per questo, fortificarsi.

Se la parola ha un potere curativo, la poesia può fare miracoli. La poesia terapia – o poetry therapy – è una pratica terapeutica che si avvale della poesia per ripristinare l’equilibrio psico-fisico della persona affetta da problemi emotivi, mentali, spirituali. Una sorta di balsamo naturale, che scioglie un dolore, purché ciò sia fatto con estrema naturalezza. Prendersi cura di sé – e dell’altro – con le parole e in esse trovare consolazione, nutrirsi di versi, ballate o sonetti: questo il concetto della poesia terapia, sviluppatasi nel XX come branca della Bilioterapia negli Stati Uniti, ufficialmente riconosciuta nel 1969 quale mezzo per supportare le persone nel processo di superamento di un trauma.

Si tratta di un’intima forma di dialogo con sé stessi che permette di prendere una certa distanza dal proprio dolore, che si finisce per guardare con occhi diversi. La poesia permette infatti di dare voce ai sentimenti più intimi – talvolta inconfessabili – facendo sì che il dolore venga sminuzzato quotidianamente in piccoli frammenti che, se assemblati, finirebbero per costituire un agglomerato troppo denso da sopportare sulle spalle. È immergendosi nelle parole e nelle emozioni che l’anima può trovare conforto e guarire. La poesia è quell’atto creativo e liberatorio attraverso cui si sviluppa una connessione emotiva tra colui che scrive e colui che legge; è un atto creativo e al contempo liberatorio. E l’uso di simboli e figure retoriche permette al cervello di attribuire un nuovo senso al disagio, laddove “l’esposizione al bello, anche al bello delle parole, ispira (da inspirare), ovvero immette ossigeno nuovo nei polmoni e respirare rappresenta il primo e fondamentale atto di vita e di vitalità” – ci suggerisce Domenico Bulfaro – poeta e performer, tra i pionieri dello sviluppo della poesia performativa in Italia.

La poesia è una matita alla portata di tutti, perché quel che conta è saper scrivere. In prosa, in versi, poco importa: tutto è poesia, a prescindere dalla struttura o dalla grammatica. In questo contesto, ogni parola può diventare poetica, se vivificata e rinvigorita. E in questo processo di ricostruzione animica anche la lettura diventa cruciale: è dalla lettura dei versi di qualcun altro che si può trarre conforto, poiché quel senso di solitudine esperienziale svanisce. Ed è attraverso il ritmo, la rima, il respiro dei versi che il nostro paesaggio interiore si riorganizza e risincronizza. In questa fase di ricerca di un nuovo orizzonte di senso la commistione di elementi prosodici, retorici, simbolici e immaginifici fa sì che lo sguardo si allarghi, le emozioni fluiscano ed emergano silenzi che ricamano emozioni che ci rendono più consapevoli. Ed ecco che all’improvviso sorgono soluzioni inaspettate che l’inconscio matura, ecco affiorare un ritrovato equilibrio e una sensazione di benessere che poche sillabe accorpate producono. Concediamoci il lusso di esser poeti per un giorno, l’anima ne trarrà giovamento: assemblando parole e dolore sarà possibile annullare le distanze che ci separano dalla guarigione, aprendoci all’anelito di un miracolo al di là del sensibile.