Paternò, Ciatto per la prima volta a Freedom: “Il Pd a Paternò non esiste”

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Giancarlo-CiattoConsigliere Ciatto, perchè è uscito dal Pd?
Innanzitutto bisognerebbe capire da “quale” Pd. Sono uscito dal PD paternese che è un partito, almeno per l’idea che ho io di partito, assolutamente inesistente. Diciamo che sin dalla sua nascita non è mai riuscito a costruire un “collettivo”, ma è stato sempre composto da Isole individualistiche. Oggi il PD è assolutamente subalterno all’amministrazione, e un partito che si schiaccia sulle posizioni di un’amministrazione è un Partito che non ha vita. Si era deciso di intraprendere un percorso di ricostruzione interna che muovesse i suoi passi a partire dall’autonomia rispetto al Sindaco e al governo cittadino. Questo percorso si è interrotto ed improvvisamente tutti si sono riscoperti “filo-governativi”. Ancora non se ne comprendono chiaramente i motivi, probabilmente nelle prossime settimane tutto sarà più chiaro. Tenga conto che la stragrande maggioranza del gruppo dirigente del PD era, per usare un eufemismo, fortemente critica rispetto all’amministrazione. Su molte questioni l’amministrazione ha fatto fare alla città degli enormi passi indietro. Mi chiedo: il PD che farà? Che fine ha fatto quel documento? Non solo, ma dove è finita la fase progettuale ed elaborativa che si stava cercando di mettere in piedi? Per tutte queste ragioni sono uscito dal PD, da uomo libero, non essendo una persona alla quale interessano le poltrone fine a se stesse. Quel partito, a Paternò, era diventato – dal mio punto di vista – inagibile. Per il resto, rimango un uomo fortemente ancorato ai miei principi e, chiaramente, vicino alle posizioni nazionali del Partito Democratico.      

La vicenda legata all’addizionale Irpef ha tenuto banco per settimane e continua ancora a restare tema politico nella città. Su questo lei cosa dice?
La vicenda legata all’Irpef è una delle pagine più buie per Paternò. Non lo dico perché penso che non si possano aumentare le tasse. Non sono un populista. Ma quando in un momento di drammatica crisi economica si decide di aumentare al massimo l’aliquota Irpef lo si deve fare spiegando alla città il perché. Niente di tutto questo è stato fatto. Si è detto che se non si fosse aumentata quell’imposta vi sarebbe stato il dissesto economico-finanziario. E’ stato dimostrato che non era così, vi erano le risorse per evitare quell’aumento. Perché si è voluto a tutti i costi insistere? Credo che in questa vicenda si sia spezzato il necessario legame di fiducia che dovrebbe esserci tra i cittadini ed i suoi amministratori. Ed è una ferita che difficilmente si potrà risanare.

Il bilancio di previsione adesso è stato approvato dal consiglio comunale grazie al sostegno di una frangia della cosiddetta opposizione. Come commenta?
Credo sia stato un errore. Quel bilancio contiene delle profonde irregolarità, come gli stessi revisori dei conti hanno confermato con il loro parere negativo. Era doveroso votare contrariamente. Per il resto, in democrazia tutte le posizioni sono rispettabili. La cosa importante è che siano trasparenti rispetto all’opinione pubblica. Se una parte della minoranza vuole dare il sostegno a questa amministrazione, o vuole entrare a far parte della maggioranza, è liberissima di farlo, ma deve spiegarlo chiaramente. Altrimenti saprebbe tutto di vecchia politica.

E sulla giunta? Cosa dice?
L’attuale giunta nacque da un contesto pre-elettorale. Sono passati da allora due anni e mezzo ed io sono abituato a giudicare gli assessori per quello che fanno. A me pare che sia piuttosto evidente che la giunta attuale non abbia nemmeno lontanamente raggiunto gli obiettivi che ci si era prefissati in campagna elettorale. Vi è, almeno ai miei occhi, un totale scollamento dalla città. Dopo di chè, io non sono interessato ai giochini politici: se lo fossi stato sarei rimasto in maggioranza e magari avrei chiesto riconoscimenti. Continuerò a giudicare questa, o un’eventuale giunta che dovesse nascere da un rimpasto, sulle cose che fa. Dunque né sulle persone né sulle parole.

In prospettiva, come crede dovrà strutturarsi il percorso intrapreso dal gruppo degli 11 consiglieri comunali dichiaratamente di opposizione all’amministrazione?
Guardi gli undici consiglieri comunali a cui lei fa riferimento stanno facendo un grandissimo lavoro all’interno delle istituzioni. Opponendosi alle scelte che la città ritiene completamente sbagliate. Ovviamente questo non può bastare ed è per questo che questo gruppo di consiglieri comunali (in parte lo ha già fatto) si aprirà all’intera comunità. Continuerà a controllare l’operato di questa amministrazione e a fare proposte politiche serie. Chiaramente è in corso la costruzione di un progetto politico alternativo all’amministrazione Mangano.

Nel caso, come vedrebbe una coalizione moderata (al momento del voto) che vada dal centro al centrodestra, passando per un innesto di forze progressiste ma autonome come quella da lei rappresentate, e con dentro anche Forza Italia?
Su questo punto vorrei essere molto chiaro: quello che si sta cercando di costruire non è un accordo tra partiti, né tantomeno un contenitore di pezzi di partito. Il progetto politico va ben oltre gli undici consiglieri comunali, ed intende aprirsi all’intera società paternese. Oggi Paternò non ha bisogno di schieramenti, ma di uomini che si mettano assieme con un chiaro e preciso progetto. L’elettorato oggi è molto disilluso ed il voto è libero da condizionamenti ideologici. In questo momento, tanto l’opinione pubblica progressista quanto quella moderata, è assolutamente insoddisfatta dal modo in cui vanno le cose. E’ a loro che noi dobbiamo parlare e non al ceto politico. Ciò che noi proponiamo è un’intesa tra uomini e non tra partiti. Certo, tutti devono abbandonare la propria “casa” e partecipare. Non esistono le deleghe in bianco.

Leadership già consolidate o prima i programmi?
Non esiste e non deve esistere alcuna leadership consolidata. Paternò ha sempre avuto il vizio di mettere prima gli uomini e poi i progetti. Attenzione, le idee camminano sulle gambe degli uomini, dunque questi ultimi sono importanti. Ma i programmi, le cose da fare, vengono prima e devono essere messi nero su bianco. Non solo, troppo spesso negli ultimi anni si è pensato all’uomo della provvidenza. Sono fermamente convinto che, invece, bisogna costruire una squadra.

Come reputa il modello delle primarie come strumento di individuazione del candidato sindaco?
Le primarie in Italia non sono regolate da una legge nazionale e spesso rischiano di essere inquinate. La selezione della classe dirigente è altra cosa, ed oggi questo Paese soffre maledettamente di una seria selezione. Capovolgiamo tutto: prima il progetto, dopo i candidati. I leader nasceranno naturalmente e se cammineranno su un progetto forte saranno più forti anche loro. Se fatto tutto questo, le primarie dovessero rivelarsi indispensabili, che ben vengano.    

 

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