La crisi della Sinistra spiegata in un libro di 13 anni fa

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Pd-bandiere

di Giuliano Guzzo

Si dice a sinistra leggano di più: più dei moderati, più degli elettori di destra, figurarsi dei cavernicoli populisti. Se però è così, a sinistra non leggono i libri giusti, altrimenti saprebbero che il consenso di cui gode oggi il neonato governo Conte e, in parallelo, la crisi di un Pd senza leader (sfido a trovare del carisma in Martina, mentre Renzi è ora in viaggio in giro per il mondo) era ampiamente previsto in un libro di 13 anni fa: Perché siamo antipatici (Longanesi) di Luca Ricolfi. Da sociologo e da intellettuale di sinistra, in quel volume l’Autore spiegava i motivi per cui i progressisti erano destinati a perdere contro Berlusconi. Ebbene, è passata una vita ma i motivi per cui dem sono in crisi davanti al fronte populista sono gli stessi di allora.

Come infatti scriveva Ricolfi, «la cultura di sinistra ha un cattivo rapporto con le persone normali» (p.18).  Questo perché, come faceva la destra, giuste o sbagliate che siano le cose che i populisti promettono «sono perfettamente intelligibili, e sono tali perché sono cose e non formulePer capirle non ci vuole l’interprete» (p.57), mentre a sinistra il linguaggio «è rimasto legnoso, infarcito di formule astratte. Riformismo, progetto politico, riqualificazione, integrazione, inclusione sociale, società plurale, più Europa. Aiuto! Il linguaggio di sinistra continua a richiedere l’interprete» (pp.59-60). Ma la patologia più grande della sinistra, scriveva il sociologo-profeta, è che chi lì milita è sinceramente convinto della «propria superiorità morale» (p.82).

In effetti, solo un’invincibile convinzione di superiorità morale può aver spinto – ancor prima che l’esecutivo guidato da Conte facesse qualsivoglia atto politico – ad affermare che «al potere ci sono i fascisti» (Zucconi), degli «inesperti, arroganti, incendiari e reazionari» (Calabresi), dei «sovranisti anarcoidi» (Calenda), gente senza «nessuna esperienza in amministrazione» (Severgnini), tutta «vomito e bile» (Vauro), dalla quale non resta che aspettarsi una «catastrofe» (Scalfari). Come mai tutta quest’inappellabile sentenziosità? La risposta, ancora una volta, la dava Ricolfi nel 2005: i progressisti hanno puntato da anni tutte le loro «carte sulla cosiddetta società civile. Archiviato il popolo, il suo posto è stato preso dal mito della società civile[…] l’Italia migliore, l’Italia degli onesti» (p. 137).

Che quella della (supposta) superiorità della sinistra non sia una bufala, l’ha ricordato L’Espresso che, in un numero del novembre 2017, ribadiva – direttamente in copertina – quanto segue: «Se questi sono i tempi, l’unico vero impegno che “L’Espresso” si sente di prendere con i suoi lettori è quello di cercare di dar voce, oggi come sempre, all’Italia migliore». Ora, siccome tra i lettori L’Espresso e gli elettori dem cambia solo una vocale, si può capire quanta ragione avesse Ricolfi, quando anni fa metteva in guardia la sua area politica dallo snobismo di chi ha «archiviato il popolo» e seguita a liquidarne le istanze come figlie della paura e dell’ignoranza. Il problema è che il libro del sociologo non è stato letto e intanto a sinistra, grazie ai Renzi, alle Boschi e alle Boldrini, più che antipatici son diventati quasi insopportabili.