#MESSI NO DEJAR, ES EL PUEBLO QUE LO QUIERE

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di Gabriele Pocina

Nove giorni dopo si fa ancora fatica a buttare giù quest’agonia, il nodo alla gola della notte di New York.

I pensieri della finale del centenario si concentrano solo sull’immagine di un Messi piangente e profondamente rassegnato. L’Argentina ha perso la terza finale consecutiva in tre anni. Un popolo e un’intera nazione vedono sfumare l’ennesimo trionfo sul più bello, come se il destino si stesse prendendo gioco di loro. Gustare tre anni di finali e perderle dopo novanta minuti o ai rigori.

L’albiceleste è particolarmente concentrata sui giocatori, la tensione è visibile, le pressioni non mancano. La gara sembra non prendere il volo. Il Chile gioca palla, l’Argentina aspetta per ripartire. Spicca il temperamento di Mascherano, assente Di Maria, sterile Higuain che sciupa una limpida occasione da goal spedendo a lato nell’uno contro uno, ipnotizzato da Bravo. Tra gli undici Celesti c’è ne uno che non si rassegna, uno che sente il bisogno di dimostrare che non fa differenza per lui giocare nel Barcellona o in Argentina. Cerca di vincere anche da solo, se è necessario. Per una nazione. Davide contro Golia.

E allora parte palla al piede: due, tre uomini saltati e giù. Fallo. Ammonizione per Diaz. Messi ci prova, alterna pause di riposo come se stesse ricaricando la cordina di un giocattolo. I compagni affidano a lui le speranze e gli passano il pallone, così si ributta in mezzo alla gabbia degli uomini cileni. Fischia di nuovo l’arbitro brasiliano Lopes, è fallo, ancora Diaz. Stavolta Messi si alza – stava andando in porta – e chiede “Tarjeta señor!”, il cartellino. Diaz espulso. Adesso sembra tutto in discesa per l’albiceleste, la partita si accende, ammonizioni da entrambi le parti, il giudice di gara pensava di tenere calmi gli animi ma sta diventando un’ecatombe. Rosso per Rojo; c’è confusione, il Tata Martino chiede l’espulsione per un giocatore del Chile. Esce solo Rojo.

La gara non migliora e nel secondo tempo esce Di Maria, invisibile, forse condizionato dall’infortunio, entra Kranevitter. Si continua sempre sulla stessa metrica. Biglia o Banega per Messi, che dovrebbe risolvere il bandolo della matassa proprio come ci si aspetta da lui, proprio come nel Barcellona; «La differenza tra Argentina e Barcellona è che loro danno la palla a Messi quando sta chiuso in una gabbia, noi quando ha la possibilità di far male». Sostanziale l’analisi del terzino del Barça Dani Alves, che puntualizza la differenza del Genio Argentino tra club e nazionale. Leo ci prova ma non riesce, corre, sbatte, cade e si rialza.

Purtroppo non è bastato. Purtroppo l’Argentina ha perso ai rigori. Purtroppo il dolore pesa come un macigno, anche a causa del rigore sbagliato dal Diez della Nazionale, oltre quello di Biglia. Ma il dolore di una, due, tre finali passa. Purché ci sia la speranza in circolo. Stavolta il dolore è pesante, stavolta il dolore è perpetuo perché stavolta Messi ha detto basta. Ha dichiarato di voler lasciare la Nazionale.

#MessiNoDejar

Lionel Messi ci ha insegnato che nella vita nulla è impossibile, è stato l’idetore dello slogan di una nota marca sportiva che recita “impossible is nothing”. Il difetto nell’ormone della crescita avrebbe potuto bloccare la carriera del giocatore più forte della storia, forse quel ragazzino avrebbe dovuto smettere di inseguire i suoi sogni, invece la voglia di giocare ha avuto più forza della malattia, Lio ha scelto di non arrendersi, Lio ha scelto di provarci a tutti i costi nonostante la vita per lui aveva scelto altro.

 Lio aveva una buona scusa ma ha deciso di non usarla; proprio come Beethoven, che scelse di avere la meglio sulla sordità. Lio diventò il più forte di tutti. Quando la vita gli pose degli ostacoli, è riuscito a trovare il modo di usarli per diventare più forte. Senza lasciare spazio ad una buona scusa che legittimasse la resa. Lionel Messi non è stato solo un calciatore, non è stato soltanto il miglior calciatore di tutti i tempi. Lionel Messi è un inno al non arrendersi, è un esempio per i più deboli, è una realtà in cui un uomo ha deciso di non farsi condizionare dalle difficoltà della vita, di non porsi limiti nel sognare.

 La vita ci dà motivi per gioire e per piangere, a volte in momenti tristi sembra che ci abbia condannato e che non ci sia nessun altra spiegazione se non quella di essere stati penalizzati da una natura maligna; ma questo dolore in realtà non è compreso e potrebbe cambiare la vita in positivo. Sta a noi cercare le giuste chiavi per interpretarlo. Spetta a noi cercare i giusti esempi. E a volte il compito di essere un giusto esempio spetta a noi. Messi lo è e deve continuare ad esserlo. Come disse Dele Carneige «Siamo più forti di quel che crediamo».

 Non arrenderti. Lio, fallo «por el pueblo». E’ vero che le critiche fanno male ma tu, con tutti coloro che si ispirano a te, guarda il mondo che ti sostiene, guarda i tifosi e i non tifosi e guardali incitarti o commuoversi al di là della fede calcistica. Perché oggi Lio hai un compito ed è di essere un esempio per tutte quelle persone che non ce la faranno o che potrebbero non farcela solo perché diverse. Se non vuoi agire per loro, Lio, fallo per te. Non arrenderti al tempo, sfruttalo. Non importa quanto occorrerà per realizzarlo, ricorda Adeline De Walt Reylnods che non si arrese mai. Realizzò a 70 anni il suo sogno di diventare una stella di Holllywood. Proprio come loro, i corpi che costituiscono il firmamento. Quelli che prima di spegnersi brillano ancora più forte ed esplodono. Hai il dovere di non arrenderti, hai il dovere di splendere ancora una volta.