Addio allo smart working: chi torna in presenza dal 15 ottobre

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Il nuovo decreto sul lavoro è stato firmato da Mario Draghi . Il Dpcm tratta il come e il quando il lavoro pubblico tornerà in presenza ossia nella “modalità ordinaria” della prestazione e saluterà, momentaneamente, lo smart working.

Dopo l’approvazione del Green pass per tutti i lavoratori, pubblici e privati, che entrerà in vigore il prossimo 15 ottobre, questo decreto è uno dei tasselli fondamentali per il rientro negli uffici dei dipendenti pubblici. Inoltre, ci si sta confrontando anche all’interno del Cts, il Comitato tecnico scientifico, per considerare la possibilità di allentare alcune restrizioni qualora i propri dipendenti siano vaccinati. Il modello utilizzato è quello delle scuole: se negli istituti le condizioni logistiche non permettono il distanziamento di almeno un metro, è possibile derogare. Come si è anche discusso sulla possibilità di permettere il restare in classe senza mascherina qualora ci sia il 100 per cento di vaccinati. Per quanto riguarda invece il tema quarantena, ancora molti dubbi aleggiano in merito. Il principale riguarda la possibilità di far restare a casa solamente chi risulta positivo e non tutto l’ufficio. Deve però essere presa una posizione netta quanto prima così da garantire ai lavoratori un rientro in sicurezza nei propri posti di lavoro.

Un rientro che sarà graduale. “Con successivo decreto ministeriale, fornirò apposite indicazioni operative affinché il rientro negli uffici sia rispettoso delle misure di contrasto al Covid-19 e coerente con la sostenibilità del sistema dei trasporti“, spiega Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione. I primi a tornare subito dopo il 15 ottobre saranno i lavoratori agli sportelli. Vale a dire coloro che offrono servizi direttamente ai cittadini. Successivamente sarà il turno dei lavoratori del back office, ossia la gestione operativa, e infine toccherà ai funzionari di ministeri ed enti locali.

Lo smart working non verrà comunque abbandonato. Durante l’ultima riunione tra Aran, l’Agenzia che siede al tavolo per il governo e le sigle sindacali è stato confermato che si tornerà ad un accordo individuale tra dipendente e amministrazione. I lavoratori avranno la possibilità di concordare con i dirigenti le modalità del lavoro da remoto specificando quanti giorni saranno presenti, o meno, in ufficio. Prenderà vita, dunque, una sorta di modello ibrido dove i lavoratori avranno la possibilità di scegliere se lavorare da casa o in presenza. Inoltre, la giornata lavorativa sarà divisa in tre fasce orarie. Tra queste ne verrà definita una indicata come di “operatività”. In questa fascia i lavoratori oltre che reperibili dovranno essere immediatamente operativi. Ci sarà poi una fascia chiamata di “reperibilità” durante la quale i lavoratori dovranno ricevere mail e telefonate ma non saranno obbligati a garantire l’immediata operatività. E per ultima la fascia di “disconnessione”, in questo lasso di tempo il dipendente non potrà essere contattato. Questi dovrebbero essere gli aggiustamenti che permetterano, stando al ministro per la Pa, “uno smart working vero, strutturato, ancorato a obiettivi e monitoraggio dei risultati“.

Le principali novità della bozza del nuovo contratto di lavoro sono state presentate anche dal presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, ai sindacati. All’interno però mancano ancora le tabelle con gli incrementi retributivi previsti per i dipendenti. Per questo motivo è stato fissato un nuovo incontro tra una decina di giorni. Sempre Brunetta però spiega: “Sono in corso le trattative per i rinnovi dei contratti pubblici, che garantiranno, una volta concluse, una regolazione puntuale dello smart working. Entro il 31 gennaio 2022, inoltre, – afferma ancora Brunetta – ogni amministrazione dovrà presentare il Piano integrato di attività e organizzazione, all’interno del quale confluirà il Pola per il lavoro agile“. Fonte: IlGiornale.it