Onorevole Meloni, come si sente tutta sola e soletta all’opposizione?
«Sola non mi ci sento. Ho con me milioni di italiani».
Talvolta però tradisce nervosismo da sindrome d’accerchiamento…
«Mai avuto sindromi, anche se passo le giornate a dovermi difendere da insulti e accuse di ogni genere. Ma ogni stagione ha i suoi pro e i suoi contro, in questa ad esempio si riconoscono facilmente gli amici. Comunque, se avessi voluto cercare la compiacenza altrui e il plauso del potere, mi sarei iscritta al Pd…».
Baciata dai consensi, la presidente di Fratelli d’Italia non si accontenta di essere ormai stabilmente prima in ogni sondaggio. È stizzita dal basso livello della polemica politica quotidiana, preoccupata dalla tendenza ad appiccicare etichette, no vax, fascista, anti-europeista, che soffocano ogni possibilità di ragionamento politico. È il metodo, o forse l’ultimo rifugio, della sinistra, che «ha rinunciato ormai a cercare di dimostrare la propria presentabilità a livello di contenuti e per sfuggire il confronto, che non riesce più a reggere, si limita a criminalizzare l’avversario con intollerabili insulti e farneticazioni». Alimentate dai social, «ma anche da certi giornalisti».
Presidente, il centrodestra è maggioranza nel Paese ma le prossime Amministrative si annunciano in salita, malgrado la sinistra presenti minestre riscaldate. Come mai?
«Non sono pessimista. Nelle grandi città soffriamo perché lì è più forte il voto clientelare della sinistra, ma il centrodestra si presenta ovunque unito, nonostante le divisioni sul governo, mentre la sinistra, che in Parlamento sta insieme per interesse, poi si presenta spaccata nelle città».
Come mai avete fatto così fatica a trovare i candidati?
«Perché abbiamo deciso di pescare nella società civile e questo rende la ricerca fisiologicamente più complessa. Devi trovare uno di valore che si presti alla missione suicida di diventare sindaco, mal pagato ed esposto ai rischi giudiziari, senza cuscinetto politico».
Quanto può durare un centrodestra unito se una parte sta al governo e l’altra all’opposizione?
«Non è la prima volta che capita e siamo sempre riusciti a restare uniti. Noi stiamo all’opposizione perché non abbiamo un piano B oltre l’unità del centrodestra, e spero che questo sia vero anche per gli altri. Comunque, per rafforzare la coalizione, sono pronta a creare un coordinamento parlamentare comune».
Lega e Forza Italia pare lo stiano già facendo tra loro…
«E fanno bene, per difendersi dai giallorossi, secondo cui le larghe intese sono fare solo quel che dicono loro usando anche i voti degli altri. Questo governo pende a sinistra e Fdi all’opposizione è un valore per tutto il centrodestra. L’eventuale federazione tra Lega e azzurri non è una mossa contro di me, ma contro la sinistra».
Le va bene la divisione dei ruoli che si sta configurando: Fdi rappresenta la destra, Lega e Forza Italia il centrodestra?
«Destra e centrodestra sono etichette inutili. Fdi è la destra ma negli anni si è arricchita, aprendo a culture e provenienze diverse. Bisogna lavorare in modo che si vada verso un bipolarismo: da una parte la destra, dall’altra la sinistra. Il centro significa troppo spesso disponibilità all’inciucio. Io auspico due schieramenti contrapposti, ciascuno con sfumature diverse al suo interno. Le specificità finiscono per essere un valore comune».
Lei, come Salvini e come capitato a Berlusconi, rischia di vincere le elezioni ma non poter governare perché il sistema di potere si mette di traverso. Come pensa di ovviare al problema?
«È surreale che ormai si dica apertamente che l’Italia è commissariata. Almeno prima avevano il buon gusto di nasconderlo. Una nazione seria si interrogherebbe sulla sua sovranità dimezzata. Alla sinistra va bene, perché gode del sostegno acritico di Bruxelles, ma gli italiani dovrebbero riflettere sul fatto che certe cose si pagano. Il prezzo è la svendita di pezzi di Italia. Il problema non è avere rapporti con l’attuale sistema di potere, il cosiddetto deep State, ma modificarlo grazie a competenze serie, professionali e manageriali».
Siamo a sovranità limitata per via del nostro enorme debito pubblico…
«L’Italia non è la Grecia. Se saltiamo noi, salta tutto, dobbiamo iniziare ad avere maggiore considerazione della nostra nazione».
Giorgetti ha detto che se Draghi diventa presidente della Repubblica, poi si va a votare. Ci sta?
«Certo questo è un elemento a favore della sua elezione».
Oppure, come leader dei Conservatori Europei, lei lo vedrebbe meglio con incarichi nell’Unione?
«Non sono il navigator di Draghi. Ci farà sapere quello che vorrà fare e lo valuteremo».
Quante possibilità ha Berlusconi di andare al Quirinale?
«Non molte. Però il centrodestra deve iniziare da subito a lavorare a un candidato comune, capace di raccogliere voti anche nel campo avverso».
Renzi voterebbe Berlusconi…
«Sì, dopo avergli mandato un sms con su scritto “Silvio stai sereno”».
Eppure Renzi punta a prendere l’eredità di Berlusconi…
«Non credo ormai che sia in grado neppure di prendere la propria». Liberoquotidiano