Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Matteo Salvini al Quirinale.

I più sorpresi sono stati Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Che si sono fatti fregare un’altra volta da Silvio Berlusconi. Il quale, sullo scostamento di bilancio di 8 miliardi votato dal Parlamento, ha sparigliato le carte, come altre volte in passato. “Forza Italia voterà lo scostamento, se gli alleati faranno diversamente, se ne assumeranno la responsabilità”, ha detto il leader forzista giovedì mattina intervenendo alla riunione del gruppo, via zoom dalla Francia. Insomma, cavoli loro. Facendo esultare la parte “governista” del suo partito e lasciando di stucco i filo-leghisti, che in Senato possono contare su numeri importanti. La vigilia di mercoledì, infatti, aveva avuto il suo clou con un vertice tra Salvini, Meloni e Berlusconi dove, dopo lunghe trattative, si era giunti a tenere una posizione unitaria, senza però dire come si sarebbe votato. “Ci asterremo”, facevano però filtrare i leghisti. Insomma, l’input è che il centrodestra debba restare unito.

Peccato, però, che l’ex cavaliere non fosse per niente convinto sull’astensione e per tutto il vertice si era lungamente prodigato per portare gli alleati sul sì. Anche perché da giorni era in corso un’interlocuzione dei forzisti con Palazzo Chigi per vedere accettate alcune loro proposte. Renata Polverini, Renato Brunetta e Mariastella Gelmini, con la supervisione di Gianni Letta, hanno avuto diverse interlocuzioni con il ministro Roberto Gualtieri e con i capigruppo della maggioranza a Montecitorio. E quando dall’Economia è arrivato il via libera alle loro proposte su autonomi, partite Iva e moratoria fiscale, a quel punto non c’era più motivo di opporsi. Di fronte alla chiusura di Lega e Fdi, l’ex premier si è di nuovo consultato coi suoi nella tarda serata di mercoledì e, verso mezzanotte, è arrivata la decisione di votare sì. “Altrimenti che figura ci facciamo con il governo?”, si è chiesto lo stesso ex cavaliere. Una manovra repentina, perché la decisione per il voto a favore è stata comunicata ai parlamentari giovedì mattina presto, così da non dar tempo ai contrari di organizzarsi. Qualche senatrice è stata vista sbiancare.

Nel frattempo, però, lo stesso Berlusconi faceva arrivare al governo una richiesta: dite sì anche a un paio di proposte di Lega e Fdi, altrimenti mi mettete in difficoltà con gli alleati. Detto fatto, in mattinata da via XX Settembre arriva il via libera alla rottamazione ter (richiesta leghista) e alla continuità d’impresa (richiesta meloniana). A quel punto, di fronte alla forzatura di Berlusconi e al sì dell’esecutivo ad alcune loro proposte, Salvini e Meloni si sono trovati con le spalle al muro. Ancora però prendevano tempo e fino all’ultimo hanno provato a far saltare il banco, salvo poi desistere. “Se accettano alcune nostre idee, potremmo valutare la possibilità di un voto a favore”, dicevano insieme prima di conferenza stampa convocata a Palazzo Madama per mezzogiorno, insieme ad Antonio Tajani. In realtà, presi in contropiede dallo spariglio berlusconiano, stavano ancora litigando sul da farsi. “Che facciamo adesso?”, si sono chiesti a vicenda. Mentre nell’Aula del Senato i due partiti facevano dichiarazioni di voto “interlocutorie”, senza quasi esplicitare le loro intenzioni, lasciando interdetta la stessa presidente Casellati. Alla fine, però, Salvini e Meloni si sono accodati alla decisione del Cavaliere. Con il leader leghista che si lasciava andare a uno sfogo: “La prossima volta le interlocuzioni devono essere con i leader non con mediatori che vogliono far saltare il centrodestra”. Come a dire: mi hanno tagliato fuori. “Berlusconi si è assunto l’onere di una scelta da vero leader. Avevamo una responsabilità di fronte agli italiani”, se ne usciva intanto trionfante Renata Polverini.

Un blitz, quello berlusconiano, che arriva dopo giorni di tensioni. Dopo lo scontro sull’emendamento salva Mediaset, cui la Lega prima si è opposta e poi ha dato il via libera, e lo scippo di tre parlamentari azzurri da parte leghista, tra cui Laura Ravetto, il nervosismo era alle stelle. Tanto che la famosa telefonata conciliatrice di sabato scorso tra i due leader in realtà ha avuto i toni e i decibel di una lite vera e propria, coi due a rinfacciarsi colpe ed errori a vicenda. Il furto di tre parlamentari e l’offensiva su Mediaset Berlusconi li ha vissuti come un atto di lesa maestà, una vera dichiarazione di guerra. “Io quello non lo voglio più vedere né sentire”, ha detto, riferendosi a Salvini, nelle ore seguenti lo scippo. Dopo la telefonata di sabato, e soprattutto la marcia indietro della Lega su Mediaset, la situazione, pur restando molto tesa, è tornata sotto il livello di guardia. Anche se al Cav non è piaciuta nemmeno la proposta di Salvini su una federazione del centrodestra. “Quello mi vuole mangiare il partito”, la sua reazione. E assai fredda è rimasta pure Meloni, che ha fiutato la trappola. Così lo spariglio berlusconiano sullo scostamento di bilancio suona quasi come una vendetta dell’ex premier nei confronti del leader leghista. Come a dire: attento, che il timone del centrodestra ce l’ho ancora io.

A livello governativo, invece, è un passaggio importante. Perché se un allargamento della maggioranza a Forza Italia è da escludersi, Palazzo Chigi sa però che può contare sulla sponda dei berluscones. Non un appoggio esterno, ma poco ci manca. “Si è aperta una fase nuova nei rapporti tra maggioranza e opposizione, nel senso indicato proprio da noi”, osserva l’azzurro Osvaldo Napoli. Un sostegno ormai alla luce del sole, e non più sottotraccia, che a Berlusconi serve per mettere altro fieno in cascina in caso di necessità (altri aiutini a Mediaset?). Ma pure per contare, e molto, quando ci sarà da eleggere il prossimo presidente della Repubblica. E poi, sussurra un azzurro a fine giornata, “in questo momento di emergenza nazionale davanti al Paese bisogna farsi vedere responsabili e aiutare il governo, lasciando ad altri il ruolo di inutili guastatori”. Il Fatto Quotidiano