“Come si cambia quando si diventa padre”

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La vita di Matteo Ceccarini, 46 anni, scorre secondo un ritmo preciso. Lo scandisce la musica. Da sempre il sound designer («il mio lavoro è a metà tra il dj che la musica la mescola e il musicista che la crea») scoperto da Gianfranco Ferrè, ne ascolta otto ore al giorno, spesso di notte. Il resto del tempo lo trascorre con la compagna, la modella e attrice Eva Riccobono, e i due figli: Leo, nato 4 anni fa dal loro amore, e Virginia, 18, avuta da una precedente relazione. All’ultimo disco (10 tracce), dal titolo importante, Geometric Physical, ha lavorato a lungo, e provare a raccontarlo è una sorta di seduta di psicanalisi.

Matteo Ceccarini

Matteo Ceccarini

Che cosa ha messo dentro?
«Tutto e niente. Lo si potrebbe definire un disco “vuoto” in cui ho inserito il lavoro degli ultimi 30 anni.  C’è la musica elettronica, robotica, classica. Un susseguirsi di strumenti, di suoni. Ma sono partito da quest’idea: l’emozione deve metterla l’ascoltatore, ognuno può trovarci la propria sfumatura. È la messa in pratica del detto “la bellezza è negli occhi di chi guarda”. Oggi è tutto liquido, si ascoltano tonnellate di musica, spesso senza nemmeno accorgersene. Io vorrei che la musica tornasse ad avere una fisicità. E per la legge della compensazione, ti accorgi di una cosa solo quando quella viene a mancare. L’assenza di emotività, crea emotività. Vorrei che così si ritrovasse la poesia».

Lei ha sempre voluto trovarla nella musica?
«Avevo un sogno ed era questo. Fin da piccolo, mi emozionava tantissimo. Se c’era chi si commuoveva guardando un film, a me succedeva ascoltando una canzone. Spendevo tutta la paghetta comprando nuovi dischi. Stavo in casa tutto il giorno, i miei mi dicevano: “Perché non vai a giocare a pallone?”. Ancora oggi ascolto musica ogni giorno per otto ore, soprattutto di notte. Dalle 23 alle tre, poi vado a dormire. In ogni casa in cui ho abitato, mi è arrivata una denuncia dei vicini».

E i suoi «coinquilini» cosa ne pensano?
«Eva ha fatto di tutto, mi ha minacciato, staccato all’improvviso la corrente, ma non funziona. Oggi ha perso ogni speranza».

Come si vive da espatriati a Londra?
«Viviamo lì da cinque anni e stiamo bene. Londra è un po’ come New York, il centro del mondo

Se Leo volesse seguire le sue orme?
«Mi piacerebbe, ma se non succede non è un problema. Al momento, quando sente la musica inizia a ballare in modo scatenato. Io e Eva lo osserviamo e scoppiamo a ridere».

Che cosa ha imparato dall’essere padre?
«A mettermi in secondo piano. Da Ariete e figlio unico, ho dovuto fare i conti con quest’idea: ci sarà sempre qualcuno che ha più bisogno di te. E ho capito che l’amore va oltre se stesso, a volte può prendere il sopravvento».

Le piacerebbe diventarlo ancora una volta?
«Sì, certo, è talmente bello».

Quanti anni pensa di avere?
«Cento oppure 14. Potrei lanciare uova e poi scappare come un 14enne o parlare di Proust per ore come un 80enne. Non me ne sento, però, 46. Perché a quell’età sei vecchio per i giovani e giovane per i vecchi. Fa parte del mio carattere: o bianco, o nero. Mi dicono che il mio miglior pregio e il mio peggior difetto sia essere diretto».

La sua compagna è palermitana, lei è milanese.
«Ho scoperto di amare il Sud attraverso i suoi occhi. E abbiamo fatto nostra la “legge degli opposti”. Eva poi è colta, seria, responsabile, bellissima, ha grandi valori. Questo basta a spiegare i 15 anni insieme. Al contrario non ho ancora capito cosa trova lei in me…». Vanity Fair