“Mai con il Pd di Renzi. Con centrodestra insieme dopo il voto”

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Tra sette giorni si vota per le amministrative, tra pochi mesi è possibile per le politiche. E c’è chi scommette che stia per terminare la traversata nel deserto che Forza Italia ha dovuto affrontare il 16 novembre 2011, quando l’ultimo governo Berlusconi fu costretto alle dimissioni in modo oggi sappiamo truffaldino. Sono diversi i tempi, le forze e gli uomini in campo, ma la centralità sulla scena politica sembra a portata di mano. 

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

La svolta è stata la trattativa con Matteo Renzi sulla legge elettorale. Presidente Berlusconi, quali sono i paletti di questa trattativa?
«Siamo l’unica forza politica a non aver mai cambiato idea in materia di legge elettorale. In un quadro politico frammentato, siamo convinti che un sistema a base proporzionale sia l’unico in grado di rappresentare correttamente il voto dei cittadini nelle istituzioni. Alla percentuale dei voti (ad esempio 20%) di un partito corrisponde la stessa esatta percentuale di parlamentari (20%). Il sistema tedesco si adatta perfettamente a questo, assicurando un rapporto diretto fra elettori ed eletti ed evitando il pessimo sistema delle preferenze, fonte di clientelismo e di corruzione. Questo è il nostro limite e la nostra condizione».

Nelle ultime ore c’è stata qualche fibrillazione. Pensa che andrà tutto liscio?
«Se si rimane al sistema tedesco applicato nel modo più simile possibile all’originale da parte nostra non vi saranno ostacoli, anzi faremo la nostra parte perché la legge elettorale vada in porto il più presto possibile».

Se si andasse a votare in settembre, campagna elettorale di fatto in piena estate. È un inedito. Svantaggi e, se ce ne sono, vantaggi.
«Gli svantaggi saranno solo per i candidati, che dovranno sacrificare le ferie, e non è detto che questo sia un male. Da parte mia sono abituato a lavorare dodici mesi all’anno e mi impegnerò a fondo in una sfida elettorale che considero fondamentale per la nostra democrazia. Il principale vantaggio è quello di consentire finalmente agli italiani, al più presto, di scegliere da chi vogliono essere governati. Sa quando è successo questo l’ultima volta?».

Ricordo, molto tempo fa.
«Nel 2008. Dopo quella nostra straordinaria e senza precedenti vittoria elettorale si sono succeduti quattro governi e quattro presidenti del Consiglio che gli elettori non hanno mai votato. È davvero tempo che questo finisca il prima possibile. A tutto vantaggio anche dell’autorevolezza del nuovo esecutivo che ci auguriamo e vogliamo sia di centrodestra».

Che campagna elettorale ha in mente?
«Una campagna molto semplice. Dire la verità ai cittadini. Raccontare loro quello che abbiamo fatto noi e quello che ha fatto chi ci ha allontanato dal governo in quel tragico novembre del 2011 con un colpo di Stato, il quarto dei cinque che hanno massacrato la nostra democrazia dal 1993 ad oggi. Dobbiamo ricordare qual era il tasso di disoccupazione quando noi abbiamo lasciato il governo, qual era la situazione degli sbarchi di clandestini, qual era il livello di sicurezza percepita. Ricordare chi ha realizzato l’alta velocità, accorciando l’Italia, chi ha dimezzato i morti sulle strade con la patente a punti, chi ha dimezzato le morti per tumore ai polmoni con la legge sul fumo, chi ha restituito un anno di vita ai ragazzi abolendo la leva obbligatoria, chi ha abrogato la tassa sulla prima casa e l’imposta sulle donazioni e sulle successioni, poi reintrodotta dalla sinistra».

E per il futuro?
«Meno tasse, abolendo quelle sulla casa, sull’auto, su successioni e donazioni. Meno Stato, meno burocrazia, più sviluppo, più lavoro, più sicurezza per tutti, più aiuti a chi ha bisogno, più garanzie per ciascuno con la riforma della giustizia: l’equazione liberale dello sviluppo, insomma. Ma la vera novità sarà un’altra».

Quale?
«I volti e i nomi dei nostri candidati, la loro esperienza e competenza come garanzia per la loro capacità di realizzare i nostri progetti. Non politici di professione, non mestieranti della politica, ma protagonisti della società civile che abbiano dimostrato – nella vita lavorativa, nelle professioni, nell’impresa, nel mondo della cultura o del volontariato la loro assoluta onestà, la loro capacità di raggiungere gli obiettivi che si sono dati, la loro generosità nel dedicarsi agli altri. Le nostre idee cammineranno sulle gambe delle donne e degli uomini che porteremo in Parlamento, e questa sarà la migliore garanzia».

E quale sarà il criterio per scegliere la «quota» degli uscenti?
«Sui nuovi stiamo lavorando attivamente all’individuazione dei protagonisti della trincea del lavoro, attraverso contatti continui con le categorie e le associazioni professionali e incontrando il meglio che Forza Italia esprime sul territorio: sindaci, consiglieri comunali, consiglieri circoscrizionali, consiglieri regionali, militanti con un forte raccordo con l’opinione pubblica locale. Per quanto riguarda gli uscenti, abbiamo posti sufficienti a ricandidare tutti, e ripeto tutti quelli che hanno ben meritato. I parlamentari che sono rimasti con noi, con lealtà e coerenza in questi anni difficili, meritano certamente la ricandidatura».

Esclude quindi che in extremis possa esserci un’unica, grande lista di centrodestra?
«Non ne vedo le condizioni, ma neppure l’utilità. Ho il massimo rispetto per la Lega Nord e per Fratelli d’Italia, sono nostri ottimi alleati in molte realtà territoriali e spero che lo saranno nel governo della nazione, ma sono forze politiche diverse da noi, per ruolo, per cultura, per linguaggio. Noi siamo un grande movimento orgogliosamente liberale, di ispirazione cristiana, che si richiama ai principi della grande famiglia della democrazia e della libertà in Europa, il Partito popolare europeo, di cui facciamo parte e nel cui ambito abbiamo espresso la massima carica parlamentare d’Europa, la presidenza del Parlamento europeo, affidata ad Antonio Tajani, mio storico collaboratore e uno dei cinque fondatori di Forza Italia».

Se si vota con un sostanziale «proporzionale» sarà la sua prima campagna elettorale senza al suo fianco gli alleati storici. Teme la loro concorrenza?
«Non temo nulla perché, da liberale, credo che la concorrenza faccia sempre bene. L’importante è che vi sia la comune consapevolezza, tra le forze politiche del centrodestra, che il nostro obbiettivo è vincere per governare insieme il Paese come abbiamo fatto dal ’94 ad oggi in Italia, nelle Regioni e nei Comuni».

Lei pensa che un sistema «tedesco» possa funzionare visto che alle urne vanno gli italiani e non i tedeschi?
«Italia e Germania hanno una cosa in comune: sono due Paesi usciti distrutti dalla guerra, ma che in pochi anni si sono riaffacciati da protagonisti al tavolo dei Paesi più avanzati del mondo. Il problema è che il miracolo italiano realizzato con il sistema proporzionale si è fermato alla fine degli anni ’50, quando hanno cominciato a prevalere criteri statalistici di governo dell’economia. Il miracolo tedesco è continuato fino ad oggi, passando attraverso un’impresa colossale, anche dal punto di vista economico, come la riunificazione nazionale avvenuta con la solidarietà attiva di tutta l’Europa e di questo la Germania si dovrebbe ricordare sempre».

E ciò non accade?
«Ho sincera ammirazione per la Germania, per i governi che vi si sono succeduti e per il popolo tedesco, però devo dire che gli italiani, quando sono posti nelle condizioni di farlo, sono in grado di fare come e più dei tedeschi. Sono convinto che l’adozione dello stesso sistema elettorale e magari, quando sarà possibile nella prossima legislatura, anche quella di alcune loro riforme costituzionali come la sfiducia costruttiva o il cancellierato forte, siano delle ottime scelte. Una legge elettorale come quella tedesca ha il significato di una grande riforma in chiave europea».

L’ha stupita il «sì» di Grillo alla vostra proposta?
«Vuole essere della partita sulla legge elettorale. È legittimo, le regole riguardano tutti e una legge elettorale condivisa è garanzia di democrazia. Spero che non ci siano ripensamenti. Staremo a vedere, ovviamente decideremo insieme con la massima condivisione possibile».

Senza «cespugli», come pensa sarà possibile formare maggioranze omogenee il giorno dopo i risultati?
«È proprio la frammentazione quella che ha costretto tutti i governi del passato a coalizioni fragili ed esposte al ricatto delle formazioni minori. Ora tutto sarà più semplice, più chiaro, e ciò che conta maggiormente più trasparente agli occhi dei cittadini, che potranno valutare chi governa per i suoi meriti o le sue colpe oggettive».

Esclude a priori l’ipotesi di «grande coalizione»?
«Sì, noi puntiamo a vincere con il centrodestra. La cosiddetta grande coalizione d’altronde nel sistema tedesco è un’eccezione. In quasi settant’anni, solo per dieci anni la Germania è stata guidata da governi di grande coalizione. Per il resto vi è stato un bipolarismo compiuto e maturo».

Andare al voto senza manovra di stabilità è pericoloso?
«L’Italia ha un governo in carica che rimarrà fino a quando non ce ne sarà uno nuovo. Il governo Gentiloni può benissimo impostare una manovra economica, anzi credo lo debba fare, e chi verrà dopo, se necessario, applicherà dei correttivi, ma senza stravolgerla. Si chiama continuità istituzionale, è la norma nelle democrazie mature».

Un’eredità impegnativa per chi verrà.
«No, quando avremo vinto, faremo delle riforme strutturali per il rilancio dell’economia con la drastica riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese, per risolvere i problemi della povertà, dell’immigrazione, della sicurezza per garantire ai cittadini una vera giustizia, per porre fine all’oppressione fiscale, all’oppressione burocratica, all’oppressione giudiziaria».

Aspettando la sentenza europea che la riguarda, lei è ineleggibile. Questo sarà un limite prima e dopo il voto?
«Trovo oggettivamente molto grave andare a votare senza che mi sia stata restituita l’onorabilità, alla quale ho diritto, e la possibilità di essere in campo anche come candidato. Ho sperato fino all’ultimo che la Corte europea sanasse finalmente, dopo tre anni e mezzo, questo vulnus che non riguarda un singolo cittadino e sarebbe comunque molto grave ma riguarda la vita democratica di un grande Paese europeo».

Oggi non ci spera più?
«Sono molto amareggiato dal fatto che non stia andando così. Forza Italia subisce una grave ingiustizia. Tuttavia non tenteremo di rinviare la data dalle elezioni per aspettare Strasburgo, anche se avremmo tutta la convenienza a farlo. È più importante che gli italiani abbiano finalmente la parola per decidere il loro futuro con una legge elettorale giusta e condivisa. Per questo ovviamente se le cose non cambieranno sulla legge elettorale – non ci metteremo in alcun modo di traverso sulla data delle elezioni, fermo restando ovviamente il potere esclusivo del capo dello Stato di sciogliere le Camere. Continuo però ad augurarmi che la Corte di Strasburgo decida prima della data delle elezioni per restituirmi insieme all’onore anche l’eleggibilità. In ogni caso, io sono e sarò in campo». Alessandro Sallusti per IlGiornale