Paternò. Sui social è scontro Failla-Mangano

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Mangano e Failla

Mangano e Failla

L’ex sindaco di Paternò Pippo Failla nei giorni scorsi aveva pubblicato una nota sui social in cui attaccava l’attuale, uscente e ricandidato sindaco della città, Mauro Mangano, dichiarando come (tra le altre cose) “mi corre l’obbligo di invitare lo stesso sindaco Mangano a non vendere come frutto del proprio lavoro i finanziamenti ottenuti per la ristrutturazione e la messa in sicurezza delle scuole o per i contratti di quartiere, poiché detti finanziamenti sono il risultato di progetti avanzati e seguiti dagli assessori della Giunta Failla. Dica piuttosto il Sindaco Mangano quali suoi personali progetti sono stati già finanziati, o, al fine di evitare che il suo successore li venda come propri, siano attualmente in corso di finanziamento! Ci dica inoltre la verità sul perché ad oggi non sono stati pagati gli stipendi dei dipendenti comunali del mese di Aprile. Chi scrive si è messo in mutande per protestare contro la legge sul sistema ATO, prevedendone le nefaste conseguenze. La Giunta di sinistra, invece, ha lasciato in mutande Paternò per incapacità propria. Pronto a confrontarmi con chiunque dubiti di quanto ho scritto”.

La replica di Mangano non s’è fatta attendere, sempre a mezzo social. In un lungo intervento che riprendiamo solo in parte, Mangano ha dichiarato che “Giusto a proposito di eredità e di affrontare i problemi, il piano sanitario regionale con la soppressione di alcuni reparti risale a prima del mio insediamento, ed è figlio anche della #conflittualità che il Sindaco di Paternò aveva saputo ingaggiare con tutti gli altri enti, dalla Regione alla Sovrintendenza. Conflitti che hanno portato Paternò ad essere tagliati fuori da mille contesti utili, nei quali solo in questi anni siamo rientrati. Occorrerebbe spiegare ai paternesi come mai solo Paternò, tra i comuni siciliani a vocazione agricola era rimasta fuori dal G.A.L., e conseguentemente dai #finanziamenti che sono arrivati grazie a questo strumento in molti comuni. Un conflitto inutile con la Sovrintendenza aveva portato alla chiusura del Castello Normanno, di cui certamente l’avv. Failla non ricorda, nella sua ansia di autocompiacimento. E a proposito di #ATO, la mia giunta ha finalmente assunto un atteggiamento fermo nei confronti dei debiti che l’A.T.O. ritiene di addossare al nostro comune, usando le procedure amministrative e gli strumenti giuridici (l’opposizione alla richiesta dei pagamenti) piuttosto che le sfilate adamitiche. Ognuno si difende come sa, o come può”.

Controreplica di Pippo Failla: “

Sindaco Mangano, La ringrazio per avere risposto alla mia lettera aperta, concedendomi così l’occasione di poter chiarire alcune vicende riguardanti la mia amministrazione, da Lei contestate.

Anzitutto, mi fa piacere che Lei abbia riconosciuto la straordinarietà delle opere pubbliche realizzate nel mio decennio; ha pure ammesso che tanto i progetti di ristrutturazione delle scuole, quanto quelli dei contratti di quartiere, sono stati avviati dall’amministrazione da me guidata (alcuni già finanziati, altri in corso di finanziamento). A malincuore, poi, ha dovuto dare atto che nelle casse del Comune di Paternò langue la maggior parte delle somme finanziate per il rifacimento di Piazza Indipendenza e di via Monastero, avendone Lei speso solo una minima parte. A tal proposito – poiché non sono a conoscenza di norme che permettano il frazionamento del progetto dell’opera finanziata – spieghi Lei come ha fatto a frazionare il progetto di esecuzione di Piazza Indipendenza, e perché lo ha fatto. Sempre in merito a detto finanziamento, mi sembra che lei viva in un altro paese quando afferma che Piazza Indipendenza non necessitava di alcun intervento poiché era – o è – in buone condizioni. Lei giustifica la mancata utilizzazione delle somme finanziate, asserendo che avrebbe voluto destinarle alla ristrutturazione di Piazza dei Pini o Piazza San Francesco di Paola: dovrebbe sapere che ciò non era possibile a causa della destinazione finalizzata del finanziamento. Se – come Lei dice – ha provato a mutare tale destinazione, allora ha fatto perdere tempo agli uffici, sprecando danaro pubblico e mettendo a rischio il finanziamento. Ciò non toglie che vi siano altre piazze che versano in condizioni peggiori (che anche Lei non ha attenzionato); è inammissibile, tuttavia, che la Piazza principale di Paternò, il cuore storico della città, si presenti ai suoi pochi visitatori nelle condizioni in versa oggi.

Faccia una passeggiata e riscontrerà che molte mattonelle di porfido sono saltale e che l’asfalto è lesionato in vari punti. Per chiarezza: comprendo che a Lei possa interessare poco, ma l’idea della mia amministrazione era quella di realizzare un percorso unico in pietra lavica, da via Vitt. Emanuele a Piazza Santa Barbara. Per attuarlo mancavano solo piazza Indipendenza e via Monastero. Desideravo rendere il nostro centro storico bello e vivibile, come lo è nelle maggior parte delle città Italiane. Lei invece è riuscito a rovinare quanto di buono era stato realizzato, installando gli orridi paletti dissuasori e le fredde panchine che oggi deturpano via Vitt. Emanuele; ha aperto quest’ultima al traffico 24 ore su 24, rendendola così invivibile, sì da far scappare i giovani imprenditori volenterosi di avviare attività commerciali e di servizi. Speravo, e spero ancora, che in via Vitt. Emanuele si potessero vedere negozi illuminati fino a tarda sera; che nascessero pizzerie, ristoranti, birrerie frequentati fino a tarda ora da tutti i paternesi (e non solo), così come stava avvenendo “o chianu Spina” o in Piazza Umberto.

Venendo invece alla questione doposcuolisti, Le ricordo che essa è sorta negli anni ‘80, in un periodo dove imperavano logiche clientelari tanto a Paternò, quanto a Palermo. Ma la cosa grave, che Lei non ricorda, è che a pregiudicare tutta la questione doposcuolisti è stata una mancata costituzione del Comune in un giudizio davanti al TAR. Ciò, se non ricordo male, quando Paternò era governata da un’amministrazione da Lei sostenuta. Forse all’epoca anche Lei era in giunta. Se non lo ricorda, la invito a prendere visione di tutti gli atti processuali, dal primo all’ultimo. La verità è che sulla questione doposculosti alcuni politici hanno fatto speculazioni elettorali a danno del Comune. Ho provato ad evitare che tale danno si verificasse, e venisse appesantita la spesa per il personale dipendente del Comune, con l’assunzione di personale della cui professionalità non v’era bisogno: non è andata bene perché tanti remavano contro. E non dico altro per amore di pace.

A proposito di pace. Lei rimprovera che molti mali del Comune siano da addebitare alla mia conflittualità con gli altri enti, su tutti la Regione e la Sovraintendenza: è per questo che l’Ospedale di Paternò sarebbe stato penalizzato dal Piano Sanitario Regionale. Caro Sindaco, ancora una volta Lei dimostra di non avere né memoria né coraggio. Orbene, premesso che avrei litigato con chiunque per difendere Paternò dai soprusi che la politica regionale provava a consumare a suo danno, Le ricordo che allorché lessi nella legge regionale di riforma ospedaliera che molti servizi dell’Ospedale di Paternò dovevano essere soppressi, e che in un prossimo futuro l’ospedale sarebbe dovuto divenire un P.T.A. (Presidio territoriale Ospedaliero), lanciai, con tutte le mie forze, un grido di allarme. Molti politici, come Lei, non mi hanno creduto e dicevano che stavo inventando tutto, perché l’Ospedale non sarebbe stato depotenziato. Se mal non ricordo peraltro, l’allora ass.re regionale alla Sanità, facente parte della Giunta sostenuta dal suo partito, timoroso per la mia presa di posizione “conflittuale”, dichiarò in un incontro pubblico e alla stampa che vi fosse stato un errore nella scrittura del Decreto, che avrebbe provveduto a far correggere. Molti in buona fede gli credettero. Altri paurosi hanno taciuto.

Io no: continuai ad “agitarmi”, tant’è che incaricai un legale per impugnare il provvedimento. Fino a quando Paternò era guidata dalla mia amministrazione nessun servizio è stato soppresso, anzi alcuni reparti quale quello di chirurgia dovevano essere ristrutturati e potenziati. Caro sindaco, credo che Lei ed altri esponenti politici paternesi di maggioranza tanto al Governo Regionale, quanto in quello Nazionale, avreste potuto fare tantissimo per l’Ospedale di Paternò, come hanno fatto altri esponenti di altri territori, che hanno ottenuto delle deroghe o eccezioni.
Non avete mosso un dito.Non avete lottato vi siete arresi: ciò, per non pregiudicare le vostre carriere politiche.

Io avrei fatto di tutto per evitare il ridimensionamento dell’ospedale della mia città. Avrei litigato con tutti. Avrei minacciato di non votare più nulla. E non avrei votato veramente più nulla se non avessero provveduto a mantenere tutti i reparti dell’Ospedale di Paternò, addirittura potenziandoli. E’ vero, signor sindaco, siamo diversi: io passionale, Lei, come altri, freddo e calcolatore dell’interesse migliore per la sua carriera, non certo per Paternò. Per quanto riguarda il Castello. Signor Sindaco, Lei è a conoscenza del fatto che il Castello Normanno non è di proprietà del Comune di Paternò sin dagli anni 60-70. E poi, sig. Sindaco, dovrebbe riconoscere merito alla mia conflittualità se ancora il Comune gode di tale bene. Si rischiava che la Regione non ci facesse più entrare. Per evitare di dilungarmi accenno appena alla questione ATO.  Lei sa perché sono stati creati e come io li abbia contrastati in ogni occasione. Litigando, è vero, ma avevo ragione a gridare forte che erano un sistema-truffa che avrebbe condotto i comuni al fallimento. Peccato che il mio grido di allarme sia stato compreso in ritardo.

Finalmente, dopo aver consumato irrimediabilmente il danno, hanno rivisitato la legge, restituendo il servizio rifiuti ai Comuni. Tuttavia non ho visto ridotti i costi del servizio rispetto a quelli che si pagavano con l’ATO. E’ vero: ho rinunziato a progetti presentati e già finanziati, fra i quali quello dell’asilo Nido e quello della Piazza a realizzarsi nell’area fra via N. Sauro e via Fonte Maimonide, quest’ultimo per circa € 2.500.000,00. E l’ho fatto con piena consapevolezza, litigando con buona parte dei consiglierei di maggioranza e alcuni assessori. Ma Lei sa, perché all’epoca consigliere comunale di opposizione, che i progetti in oggetto prevedevano un cofinanziamento del Comune per alcuni milioni di Euro, la cui spesa il Comune non poteva sopportare, considerato che aveva dovuto provvedere ad affrontare, con mutui, l’emergenza sicurezza che si era presentata in alcune scuole. Se non avessi pensato al futuro di Paternò ed avessi dato ascolto alla mia maggioranza, Lei e chi dopo di Lei si sarebbe trovato sulle spalle anche questi altri mutui. A proposito di mutui. E’ vero, alcune opere realizzate dalle mie amministrazioni vennero finanziate con mutui, che non incidevano più di tanto sul bilancio comunale.

Ricordo a me stesso, per ricordalo agli altri, che non abbiamo avuto mai difficoltà a pagarli. Anzi, nel 2007-2008, avendo avanzi di amministrazione, in un sol colpo pagammo anticipatamente circa € 9.000.000,00 per alleggerire le rate di mutuo future. Avrei potuto utilizzare diversamente i suddetti avanzi, ma non l’ho fatto. Caro sig. Sindaco, è normale che nelle successioni si erediti qualche debito, ma di ciò non ci si può sterilmente lamentare. Io stesso mi sono ritrovato a pagare svariati milioni di € per tutte le espropriazioni dei terreni di Zona Ardizzone eseguite dal Comune, i cui importi erano pari (se non superiori) a quelli dei mutui di cui parla Lei, e per tutte le sentenze che vedevano il Comune soccombete quali quelle per la gestione di alcuni pozzi, ed altre ancora. E ciò ho fatto con una addizionale IRPEF quasi al minimo e un costo per stipendi dei dipendenti – pagati sempre puntualmente – maggiore di un terzo rispetto a quello che paga lei, spesse volte con notevole ritardo, oggi. Non ho fiatato. Mi sono sbracciato e ho pedalato, pedalato e pedalato ancora. Non mi sono mai sognato di addebitare ai miei predecessori la responsabilità per alcuni servizi che non andavano. E allora, Signor Sindaco, pedali anche lei, che ne ha bisogno.  E soprattutto non prometta l’impossibile come ha fatto nella scorsa campagna elettorale. Tutti i Paternesi sono ancora ad attendere le promesse da Lei fatte di far rivivere la maestosa Rocca Normanna, l’indimenticabile e fastoso Carnevale, di vedere le strade asfaltate, i servizi efficienti, ecc., ecc.. ecc.. Ricordo, ancora, che Lei ha promesso di ridurre le tasse, portandole invece quasi al massimo. Ricordo, infine, che nel suo comizio di chiusura della campagna elettorale disse che avrebbe contribuito a risolvere il problema della disoccupazione. La grande Mina cantava: “parole, parole, parole…”. Altrettanto ha fatto lei: stonando, alla grande. Con affetto e senza rancore. Pippo Failla

P.S.
1) Ho acquistato il cinema S. Barbara perché speravo di farne un Teatro vero con finanziamenti a ricercarsi, in parte ottenuti per la sua messa in sicurezza. 2) Ho acquistato le scuole diroccate di S. Gaetano per ampliare piazza Puglia, sempre con finanziamenti a rinvenire. 3) Per i Prusst abbiamo presentato tanti progetti, “vivi” fino a quando ero io a seguirli. Probabilmente sono morti per non essere stati seguiti bene dopo. 4) Per quanto riguarda l’Agenzia sviluppo Simeto Etna le assicuro che abbiamo provato in tutti i modi a rimodulare le somme non spese, senza riuscirci. Mi sembra che anche Lei non ci sia riuscito. 5) Siamo rimasti fuori dal GAL perché il bando ci penalizzava nella parte in cui prevedeva che per ottenere i finanziamenti si necessitava di una percentuale più elevata di immobili rurali rispetto alle popolazione di ciascun paese partecipante. Per questo nessun comune limitrofo ritenne di aggregarsi a Paternò. La politica regionale, nell’assenza di un deputato paternese, ancora una volta ha penalizzato Paternò. 6) Il centro disabili non è stato aperto perché mancavano delle somme per ultimarlo. 7) Le assicuro che nessuno ha richiesto gratitudine politica per aver incoraggiato gli imprenditori dei Call center a venire ad investire a Paternò, tant’è che Lei ha vinto le elezioni, e non ha saputo creare neanche un posto di lavoro. Anzi, tutt’altro. Se ho dimenticato di rispondere a qualche altra domanda la riformuli, sarà soddisfatto. Viva Paternò.