Pochi Comuni ma tanti disastri. Il M5S ha fallito dove governa

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Avvisi di garanzia, epurazioni, dimissioni, liti e sospetti. Entrati nella stanza dei bottoni, i 5 Stelle spesso o pigiano quelli sbagliati o non sanno quale bottone schiacciare e franano.

Eletti tutti al grido di «o-nes-tà» e «tras-pa-ren-za», nel giro di pochi mesi, vengono travolti dai guai. E Roma è solo l’ultimo capitolo del libro nero dei Pentastellati. I quali guidano una trentina di città più o meno grandi e in quasi la metà hanno avuto incidenti. In principio fu Federico Pizzarotti, primo grillino a conquistare un Comune importante come Parma nel 2012. Il botto arriva a maggio con l’avviso di garanzia per abuso d’ufficio nell’ambito di un’inchiesta sulle nomine al teatro Regio. Lui spergiura di essere innocente ma tra i 5 Stelle vige la regola «avviso di garanzia uguale dimissioni». Già accusato di frondismo politico dalla Casaleggio & C., Pizzarotti viene buttato fuori dal Movimento in un battibaleno: «La trasparenza è il primo dovere», dicono quelli del direttorio col ditino alzato.

Ma i due pesi e due misure valgono anche per Grillo e compagnia cantante perché un altro sindaco di peso, quello di Livorno Filippo Nogarin, finisce nel tritacarne giudiziario: avviso di garanzia per un’inchiesta sulla gestione della società che gestisce i rifiuti della città. Anche in questo caso il sindaco respinge tutte le accuse ma, a differenza di Parma, i capi Pentastellati difendono a spada tratta il loro sindaco.

Fuori dalla porta invece il sindaco di Gela Domenico Messinese per non essersi tagliato lo stipendio e non aver rispettato la linea dei grillini sulla politica energetica. Pollice verso di Grillo pure in faccia a Rosa Capuozzo, altro sindaco finito nelle grane a Quarto. Qui il pasticcio è partito da un ex consigliere grillino indagato per voto di scambio e tentata estorsione nei confronti della Capuozzo, ricattata per abuso edilizio. Una storiaccia.

Grane anche a Comacchio in provincia di Ferrara dove il primo cittadino Marco Fabbri è stato buttato fuori dal Movimento per essersi candidato alle elezioni provinciali nonostante il divieto dei vertici. «Metodologie squadriste», s’è lamentato il sindaco. Scivolone a 5 Stelle anche a Pomezia dove il sindaco grillino Fabio Fucci ha fatto parlare di sé per troppe cose opache: la nomina ad assessore della moglie poi fatta dimettere; l’affidamento a una società di Buzzi (Mafia Capitale) della gestione dei rifiuti.

Caos anche a Ragusa, Comune amministrato dal pentastellato Federico Piccitto. Qui è successo un po’ di tutto: pasticci sulla linea politica in merito alle trivelle; mancata decurtazione del 30% dei gettoni di presenza; aumento delle tasse; aumento degli stipendi (per sindaco e giunta off course) motivato come adeguamento Istat. Sempre in Sicilia il sindaco di Bagheria Patrizio Cinque ha dovuto chiedere scusa ai cittadini dopo un servizio delle Iene in cui si documentava un presunto abuso edilizio a casa sua. La difesa: «Sì ma è stata costruita abusivamente dalla mia famiglia prima che nascessi»; s’è invece dimesso il suo assessore all’Urbanistica Luca Tripoli. Stesso inciampo: nel terreno di famiglia un fienile è diventato una villa da 150 metri quadri. Insomma, tra inchieste, epurazioni e scandali di ogni risma i grillini si scoprono esattamente come quelli che, a parole, dicono di combattere. La politica dell’antipolitica. IlGiornale