No pubblicità, tasse più alte e meno slot machine: il 2019 del gioco d’azzardo

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Il 2018 è stato l’anno di rottura tra il governo italiano e il gioco d’azzardo, gli addetti ai lavori da ambo le parti possono confermare. Da una canonica azione di regolamentazione in cui lo Stato si impegnava a fornire licenze, stabilire limiti e normative, garantire all’utenza canali sicuri per giocare, nell’anno ormai passato l’esecutivo di palazzo Chigi si è fatto carico anche di una vera e propria azione di contrasto alla crescita del gioco d’azzardo.

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Le premesse del decreto dignità

Questo cambiamento è arrivato con le elezioni di marzo che hanno restituito un quadro politico del tutto nuovo con al comando Lega e 5 Stelle, ugualmente e idealmente d’accordo a limitare il raggio d’azione di questo particolare business. In primis è arrivato il decreto dignità a luglio (pubblicato in Gazzetta Ufficiale ad agosto), una normativa che ha incluso questi provvedimenti per l’azzardo:

  • Divieto di pubblicità e sponsorizzazioni per il gioco d’azzardo (dal 2019);
  • Obbligo d’installazione di lettori per tessera sanitaria sugli apparecchi slot (dal 2020);
  • Innalzato sensibilmente il prelievo erariale sugli apparecchi slot (in misura diversa dal 2019 al 2023).

In soldoni, questi erano i provvedimenti che riguardavano da vicino il gioco d’azzardo nel DL dignità, la sottrazione dello strumento marketing all’industria del settore è stato, e sarà, certamente la mancanza più ardua a cui sopperire e per la quale gli addetti ai lavori si sono stracciati le vesti. L’obiezione principale mossa al governo è quella che la pubblicità sia uno strumento utile a distinguere il gioco legale da quello che non lo è, che si porrà una questione concorrenza rispetto agli altri paesi europei che favorirà le realtà che non operano secondo le regole.

Riguardo alla prima obiezione esistono diverse teorie in merito ad un’utilità propedeutica della pubblicità, sono molte di più però le relazioni tra la pubblicità e la crescita del gioco d’azzardo. Non a caso sono soprattutto le aziende che forniscono servizi di gambling, gioco d’azzardo digitale, ad aver utilizzato in maniera massiva messaggi promozionali su tutti i canali e usato come sponsor società sportive e grandi atleti. Il risultato è stato che tra il 2015 e il 2017 il gambling è cresciuto del 59% e con una raccolta da circa 27 miliardi di euro rappresenta un quarto del mercato del gioco italiano, seguendo un trend di livello mondiale.

La questione concorrenza è invece condivisibile soprattutto dal punto di vista della mancanza di uniformità nei regolamenti, ma possiamo anche dire nell’assenza di una normativa unica europea che lascia spazio solo a linee guida non vincolanti. Anche a Bruxelles hanno fatto notare che quest’assenza genera un rischio per la sicurezza dei giocatori europei, maggiore o minore a seconda del proprio paese di appartenenza. Da sottolineare che l’Italia è l’unico paese in Europa ad aver applicato un total ban pubblicitario di questo tipo.

Le misure della legge di bilancio   

A completare l’opera ci ha pensato la legge di bilancio approvato giusto in tempo il 30 dicembre 2018. Figlia di una lunga trattativa con l’UE, la manovra stabilisce i punti cardinali dell’economia italiana nel 2019, in generale spicca un aumento delle tassazioni per il gioco d’azzardo ma anche un’attenzione verso alcune situazioni delicate balzate da tempo agli onori della cronaca:

 

  • aumento dell’1,35% sul prelievo erariale per le slot machine. La percentuale di RTP (ritorno in forma di vincita al giocatore) viene fissata al 68%;
  • aumento dell’1,25% sul prelievo erariale per le videolottery. La percentuale di RTP viene fissata all’84%;
  • tassazione dei giochi online al 25%;
  • tassazione giochi diversi dall’ippica al 20% per l’offline e al 24% per l’online;
  • rivoluzione del Totocalcio che sarà affidato al nuovo organismo Sport e Salute Spa e destinerà una parte dei proventi alla pratica sportiva;
  • proroga delle concessioni delle scommesse, SuperEnalotto e bingo;
  • dismissione delle slot machine entro fine 2020;
  • rilancio del casinò di Campione con un programma di risanamento.

In questa legge di bilancio si concretizzano alcune premesse del decreto dignità e si va a delineare l’immediato futuro del gioco d’azzardo tricolore. Lo Stato impone una tassazione più alta in quasi tutti i segmenti di questo mercato, risparmiata solo l’ippica che necessiterebbe piuttosto di un forte rilancio. Le vecchie apparecchiature slot sono definitivamente destinate a sparire: già il governo Gentiloni aveva imposto una forte riduzione della loro presenza sul territorio che a giugno 2018 si stimava intorno alle 260 mila unità. Questa ulteriore tassazione, unità ad un RTP che (in teoria) dovrebbe spingere i giocatori verso le più moderne e vantaggiose VLT (videolottery) e concludersi con la definitiva rimozione di ogni macchina entro il 2021.

L’online tassato al 25% farà storcere il naso a molti, preso già atto dell’addio alla pubblicità. Il governo punta a prelevare di più e porre le basi per un abbassamento dei livelli di gioco, ma resta tutto da verificare. L’Italia non ha mai giocato tanto come negli ultimi anni e il gioco tra i minori è una realtà diffusa in molti casi già sfociata nella problematica sociale, gli stessi tecnici del governo non ritengono che il prossimo lustro porterà ad un significativo ridimensionamento di questa tendenza.

La sintesi

Riassumendo: da una parte esiste un’affezione al gioco che questo esecutivo (e in maniera meno aggressiva anche quello precedente) sta cercando di riportare sotto controllo osteggiando la nascita di nuovi giocatori (ban pubblicità) e aumentando il gettito fiscale del settore; dall’altra il gioco non ha mai smesso di crescere, l’offerta online lo fa in modo esponenziale (oggi un intero set di giochi da casinò può stare su uno smartphone) e i giovani giocano e talvolta palesano gli stessi problemi di dipendenza degli adulti. Il limite da non superare per il governo è la proibizione che favorirebbe solo l’illecito, ma alcuni già hanno mosso tale accusa. Facile da prevedere, invece, che questo tipo di misure creeranno ancora più consenso politico e che l’Europa continui a non imporsi in maniera vincolante con un quadro normativo unico.