Natale, ex pastore con l’Alzheimer: le pecore sono finte ma lui le cura lo stesso

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pastore alzheimer-U43350383384630vW-U30201259628171KuC-501x688@Corriere-Web-SezioniIl signor Natale da giovane era pastore. Ha cominciato da piccolo, seguendo ai pascoli gli zii, le pecore e le mucche. I prati e le montagne popolano ancora i suoi pensieri. Il signor Natale ha l’Alzheimer e sogna di fuggire. Si lamenta che i cancelli della struttura (per altro bellissima) dove vive, a Bezzecca (Trento) sopra il lago di Ledro, sono chiusi. «E – dice – pur non essendo alti, non si possono scavalcare. Gli operatori lo accompagnano in giro appena possibile. Lui a un certo punto si guarda intorno e dice: «Adesso devo andare, le mie pecore sono da sole».

Due inverni fa il personale che si occupa del Padiglione Alzheimer alla APSP Giacomo Cis ha chiesto aiuto al parroco per cercare di mitigare l’ansia di Natale. Ogni dicembre il paese organizza un presepe vivente che ha dello spettacolare: tutto diventa il presepio, e ognuno ha una parte: quell’anno un gruppo di cittadini aveva costruito un gregge di pecore, con polistirolo e vera lana grezza. Eccolo, il gregge perfetto! Il parroco invitò il signor Natale a recitare il pastore e la sera stessa lui tornò alla Giacomo Cis con il suo gregge: numeroso, ubbidiente e leggero. Da allora il signor Natale è più felice, più calmo. Sogna sempre di andare ma ora non può abbandonare le sue pecore. E resta. Si prende cura di loro, che a mesi alterni trovano rifugio nella hall, nel giardino, nella casetta dei giardinieri. «Le ho allevate io», dice. Poi le guarda, e guarda il suo interlocutore invitandolo a toccare con mano: «Ma non sono mica vere, non senti?».

Poi c’è la storia di Adriana Trotta, scritta per una serata dell’Alzheimer Fest, che si tiene a Levico Terme vicino a Trento da venerdì 14 a domenica 16 settembre.«Arriviamo! Arriviamo… Un po’ di pazienza, la mamma è pronta, urlo dal balcone. Mario aspetta in macchina e pazientemente si accende un’altra sigaretta. Do un sguardo ai bagagli, c’è tutto mi sembra, anzi no! Caspita le medicine, stavo per dimenticare le scatolette verdi, con su i giorni della settimana, che metto sempre in un’antina della cucina nascoste dietro al servizio del té, così che la mamma non le possa trovare. Altrimenti le care pastiglie passano magicamente dal lunedì mattina al mercoledì sera e le pillole del pomeriggio d’incanto spariscono… Ma ecco, tutto è pronto , si parte per il mare, la mamma è felice, dai suoi occhi color nocciola sprizza una contentezza infinita. Poche cose, come sempre… il bagagliaio si riempie di vestiti, un po’ di spesa, un ventilatore e tanta gioia dentro il cuore: anche quest’anno riesco a portare la mamma al mare. Finalmente arriviamo. La casa al mare è da sempre nel cuore della mamma. L’aveva comperata alcuni anni prima d’essere operata di tumore. Non l’ho mai vista piangere della sua malattia, l’aveva accettata e poi superata. Ora quest’altra è forse peggio, si insinua nei ricordi e non le lascia armi per combatterla».

Ci si commuove, ma anche si sorride come avviene leggendo la storia di Adriana al mare con il marito, la mamma e il convitato Alzheimer. «Le prime ore dopo l’arrivo sono dedicate a faccende e pulizia; erba da tagliare, la veranda da spazzare, e per la sera tutto è fatto. “Ma che enorme piedone, è entrato qualcuno!”, sento esclamare la mamma mentre si china pensierosa ad osservare incredula un lastrone del vialetto: “Sarà almeno un 48, anzi, no un 50”. Mi giro verso di lei e mi viene da ridere. La mamma sta osservando una grande macchia di unto. “Ma cosa c’è da ridere?”, ribatte lei seria. “Chissà di chi sarà?”. Le giornate al mare, racconta Adriana, sono un po’ tutte uguali; la mattina dopo la colazione si va in spiaggia, si ritorna a casa per il pranzo che si consuma al fresco in veranda. Il pomeriggio si ozia sulla sdraio, poi ancora spiaggia. Mario abbandonato sulla poltrona gialla in giardino con il suo pesante best seller tra le mani mi guarda e sorride nel sentire in sottofondo: “Ma che enorme piedone”. È la mamma che borbotta mentre mangia una pesca. Poi incredula dice: “Sarà almeno un 48, anzi, no un 50. Chissà di chi sarà?”. La sera di nuovo, tornando dal mare, la stessa scena, le stesse parole. Io: “Che bella serata, vieni mamma che ceniamo”. E lei: “Eccomi! Ma hai visto che enorme piedone?”» «Si continuò così – racconta Adriana – tutte le volte che la mamma passava di là. Sul suo volto sempre stampate la sorpresa e l’incredulità di fronte a quel mistero. Quello fu l’ultimo anno che la mamma potè venire con noi al mare. Ora quella macchia è sparita, ma ogni volta che sono lì mi ritorna in mente quel piedone: un 48, anzi no, di sicuro un 50. Chissà di chi era».

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