LA PURGHETTA RENZIANA

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Matteo Renzi

Matteo Renzi

di Andrea Di Bella

La questione nomine Rai è la prova del nove. La conferma. La dimostrazione lampante. Siamo di fronte ad una specie di piccolo golpe, ma comunque gravissimo, cioè quello che mira all’informazione pagata coi soldi di tutti, praticato ad agosto così che passi inosservato all’Italia vacanziera. Non è passato affatto inosservato agli addetti ai lavori, però. Matteo Renzi, per mano del tentacolo che giunge fin dentro gli uffici di Viale Mazzini – vale a dire il nuovo direttore generale Campo Dall’Orto, cambia il volto della Rai. E lo fa strappando alle fondamenta, dopo il recentissimo cambio ai vertici delle reti. Via Bianca Berlinguer dal Tg3, e già basterebbe per sintetizzare la purga tubocatodica. La figlia del fu leader della sinistra italiana viene mandata via dall’informazione della terza rete. E’ il simbolo del colpo all’informazione a ridosso del Referendum Costituzionale di novembre. Ha ragione Enrico Mentana quando dice che con questo nuovo giro di nomine viene rimarcato l’organigramma vero del servizio pubblico radio-televisivo. Il padrone della Rai è la politica che governa, dice Mentana. E ha ragione. Ma esiste una politica (quella targata Renzi) che nessuno osa contraddire, che nessuno osa scalfire, tranne alcuni poveri scribacchini rimasti liberi e con le gambe integre, e soprattutto con la schiena dritta. Ed è esistita anche “l’altra politica”, vale a dire quella descritta manovratrice e detentrice dei conflitti d’interesse. Vi diranno: fate silenzio e pensate a Berlusconi presidente. Vero, pensiamo a Berlusconi, quello dell’editto bulgaro farlocco, quello delle cacciate di propaganda. Vi diranno di Enzo Biagi, di Michele Santoro e di Daniele Luttazzi. I meno informati vi parleranno di cacciata, magari facendovi riascoltare una dichiarazione dell’allora premier di centrodestra descrivere i su citati soggetti come “non degni di lavorare nel servizio pubblico”. Rispondetegli dicendo che ad Enzo Biagi fu chiuso “Il Fatto” per via dei tiepidi ascolti, al quale fu proposto un progetto editoriale diverso ma che lui rifiutò. Santoro andò via dalla Rai perchè candidato ed eletto all’Europarlamento per il Partito Democratico, per poi tornare su Raidue col suo “Annozero” – anche durante gli anni di governo del Cavaliere – senza che nessuno battesse ciglio. Nel caso di Luttazzi, il ridimensionamento fu d’obbligo: i contenuti passarono dalla satira (sempre legittima ed anche gradita) a veri e propri comizi puntualmente orientati contro il Governo in carica: una situazione inaccettabile in qualsiasi democrazia. Parlarono di editto, di dittatura. Di lì a poco tempo furono tutti smentiti. Berlusconi governò con sette talk show (su otto) del servizio pubblico tutti contro il capo dell’Esecutivo. E per “contro” non si intende l’opinione contraria mandata in video, il contraddittorio o il botta e risposta pluralista. Per “contro” si intendono prostitute assoldate dalle Redazioni al solo scopo di screditare il presidente del Consiglio, inchieste sulle proprietà immobiliari ed altro ancora. Berlusconi – che governava il Paese con una legittimazione leggermente diversa da quella che oggi detiene Renzi – ovviamente non gradì, insieme ai suoi sostenitori. Ed intanto non cambiò nulla. 

Oggi la situazione è totalmente diversa. Tutti i talk trasmessi dalla Rai dimostratisi in qualche modo ostili al Governo sono stati chiusi: Giannini tagliato dalla conduzione di Ballarò, con annessa cancellazione del programma dai palinsesti. Cambio al vertice di Raitre con la chiamata di Daria Bignardi da La7 (forza esterna anziché la valorizzazione di forze giornalistiche interne all’azienda Rai). Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale, mandato via dal suo “Virus” su Raidue dopo i lusinghieri ascolti. Ed infine le manovre su Tg2 e Tg3, con una mano anche sulle all news. L’operazione è semplice: vanno orientati adeguatamente gli italiani in vista del Referendum confermativo sulla Riforma della Costituzione, al quale è stata legata a doppio filo la vita politica stessa del capo del Governo, salvo il leggero dietrofront di queste ultime settimane. Ed ecco servita la purghetta, tra l’indifferenza degli italiani che non sanno più reagire neanche di fronte ai 500 milioni di euro del Canone Rai pagato in bolletta. Poveri noi.