La gestione degli appalti pubblici nella sanità siciliana sarebbe stata ostaggio di un comitato d’affari criminale, ben strutturato e ramificato, composto da dirigenti pubblici, lobbisti, imprenditori di livello nazionale e collaboratori in contatto con figure politiche di primo piano. A far emergere l’ennesimo scandalo, che si aggiunge alla lunga lista di anomalie in un settore cronicamente sotto osservazione, è la Procura di Palermo, che ha ottenuto dal gip l’applicazione di misure cautelari per dieci persone.
I magistrati parlano di una sanità “affetta da corruzione sistemica”, dove il sistema degli appalti sarebbe stato piegato agli interessi privati attraverso turbative di gare pubbliche per un valore complessivo di oltre 130 milioni di euro.
L’indagine è l’ultimo sviluppo della maxi inchiesta sugli appalti truccati avviata negli anni scorsi e coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia, con l’operazione odierna condotta dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo. Le misure, precedute dagli interrogatori preventivi introdotti con la recente riforma, vanno dagli arresti domiciliari agli obblighi di dimora, presentazione alla polizia giudiziaria e provvedimenti interdittivi.
Secondo gli inquirenti, pubblici funzionari corrotti avrebbero fornito documentazione riservata agli imprenditori di riferimento prima della pubblicazione dei bandi, costruendo capitolati su misura e annullando le gare sgradite alle imprese “amiche”. Il disegno criminale sarebbe stato completato con la manipolazione delle commissioni di gara, inserendo nei ranghi figure “affidabili” agli occhi della cricca.
Un altro colpo alla credibilità delle istituzioni pubbliche e un segnale di quanto radicato e protetto continui a essere il malaffare in un settore essenziale per la vita dei cittadini.