di Federica Camilla Parenti – “L’OLIMPO DI CAMILLA”
“Dimmi, zia, chi era Battiato?”.
“Franco Battiato? Un pioniere”.
“Un pio cosa?”.
“Un pioniere. Un esploratore, un avventuriero, un precursore”.
“Spiegati meglio”.
“Un grande uomo”.
“Era alto?”.
“Non in quel senso, Lorenzo. Se metti l’aggettivo grande davanti a uomo otterrai l’espressione grande uomo. Il significato non è letterale, ma metaforico. Sta a indicare le qualità di una persona; in questo caso, possiamo dire che Battiato ha compiuto qualcosa di grande, perché ha lasciato un segno nel panorama della musica italiana. L’ho scoperto a 18 anni, quando per la prima volta ho ascoltato un brano che aveva scritto per Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo. Il pezzo si chiamava Emma Bovary: in pochi secondi mi sono innamorata di quello che per anni è diventato il mio pseudonimo usato nelle discussioni sui forum che trattavano di musica. Sai, all’epoca non c’erano i social, i loro antenati si chiamavano forum. E io ero solita firmarmi Emma, suonava bene. Lo sentivo cucito addosso, come un vestito fatto su misura, ricordo ancora a memoria il testo: Battiato lo scrisse con la collaborazione del suo amico Manlio Sgalambro, filosofo e paroliere di molti dei suoi capolavori”.
Eccomi qui, a tre anni dalla morte del Maestro. Ho parlato di lui a mio nipote Lorenzo, che frequenta il primo anno di una scuola media del centro di Milano, e che vedendo un vecchio cd sul tavolo della cucina si è incuriosito e ha cominciato a tempestarmi di domande, dopo che l’occhio gli è caduto su Atlantide.
“Cosa lo rendeva unico?”.
“La ricerca della semplicità. Puntava ad essere una melodia. Né gloria, né onorificenza: musica, solo musica. In una delle ultime interviste gli fu chiesto cosa avrebbe voluto rimanesse di lui, una volta morto. E con umiltà, Battiato ha risposto: ‘Un suono, voglio che rimanga di me un suono’”.
“Cosa ti piaceva di lui?”.
“Era un personaggio. Non solo musicista, ma anche scrittore, regista, pittore e politico che coltivava molti interessi: dall’esoterismo alla mitologia sumera, dalla reincarnazione all’Esistenzialismo”.
Battiato il genio, Battiato l’eclettico. Dalla canzone di protesta agli esperimenti d’avanguardia, ha saputo combinare diversi stili, proponendo soluzioni in cui strumenti e sonorità elettroniche si fondono a tocchi minimalistici e timbri di derivazione orientale. Motivi finto etnici e melodie di stampo classico ne definiscono la ricerca spirituale, il linguaggio è criptico – talvolta inaccessibile – frutto del mélange di retaggi esotici, acustici, fantascientifici, storico-mitologici. I suoni computerizzati e i sintetizzatori diventano l’espressione di un viaggio interiore psichedelico.
Una nuova concezione di canzone caratterizza la sua produzione dagli anni Ottanta: il concetto di frase acquista una valenza nuova agli occhi del cantautore, che ricorre a citazioni letterarie dal significato ermetico. Una scelta all’origine di una composizione in cui la parola diventa funzionale al motivo musicale. Come afferma l’artista, “[…] Quando si intende adattare un testo alla musica si scopre che non è sempre possibile. Finché non si fa ricorso a quel genere di frasi che hanno solo una funzione sonora. Se si prova allora ad ascoltare e non a leggere, perché il testo di una canzone non va mai letto ma ascoltato, diventa chiaro il senso di quella parola, il perché di quella e non di un’altra”.
Acculturato compositore, l’artista siciliano ha saputo fondere musica classica, sacra, lirica e operistica in un linguaggio che funge da ponte tra il mondo occidentale e quello mediorientale, avvalendosi della collaborazione di personalità di spicco del mondo dell’arte: tra queste, il violinista Giusto Pio e Mario Sgalambro, scrittore e poeta coi quali ha stretto un sodalizio di lunga durata. Dopo gli inizi romantici, passerà dalla musica sperimentale all’avanguardia colta per aprirsi al rock e tornare alla musica leggera, esplorando diversi generi che ne fanno un autore senza pari.
“Qual è il tuo brano preferito?”.
“Ne ho due: il primo s’intitola La Cura, una delle pagine più belle della musica italiana; una dichiarazione di amore e protezione, di mani che tessono i capelli di un essere speciale. E Povera Patria, un’accusa di Franco nei confronti del potere politico, e che ahimè, oggi più che mai si presta a tracciare il ritratto di un’Italia alla deriva. Tra meno di un mese ci saranno le Elezioni europee, e sì, mi piacerebbe dirti che qualcosa cambierà, vedrai che cambierà. Come ha scritto Battiato: “Si può sperare – Che il mondo torni a quote più normali – Che possa contemplare il cielo e i fiori – Che non si parli più di dittature”. Tu, Lorenzo, in questo tempo pensa solo a cogliere un fiore, che ‘[…] La primavera intanto tarda ad arrivare’”.