Intercettazioni Ream, Appendino: «Dobbiamo provare che la dirigente Tornoni non è credibile»

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App new-k2hH-U434207036241535K-593x443@Corriere-Web-Torino«Su quella roba lì sono matti al cubo», dice al telefono l’assessore al Bilancio Sergio Rolando rivolgendosi alla sindaca Chiara Appendino. Sono le 11.30 del 25 luglio 2017 e la «roba» cui fa riferimento Rolando è il debito da 5 milioni di euro che il Comune ha contratto nei confronti di Ream. I «matti», invece, sono i revisori dei conti che hanno appena ribadito al Comune la necessità di iscrivere a bilancio la somma dovuta alla società immobiliare delle fondazioni bancarie piemontesi. «Bisognerà capire come fare — risponde la sindaca —, perché noi comunque dobbiamo approvare».

Pochi secondi di pausa, poi Appendino riprende: «Però dobbiamo anche pararci, perché io… a sto punto… cioè parlarne anche con Lubbia, però effettivamente su Ream… cioè, dobbiamo uscirne in qualche modo». Non sanno di essere intercettati, gli indagati del caso Ream. Conversano tra loro ignari di essere ascoltati e cercano una soluzione a quel debito da 5 milioni che potrebbe rappresentare un problema per il rispetto degli equilibri di bilancio. Un paio di ore prima, alle 9.33 di quel convulso 25 luglio 2017, era stato il direttore finanziario del Comune, Paolo Lubbia, a informare l’assessore Rolando sull’esito della relazione del collegio. Per il dirigente (assistito da Lorenzo Imperato), i revisori sono degli incompetenti: «Sta arrivando, eh, il parere dei revisori».

In un’altra conversazione, quella tra Lubbia e Rolando delle 12.02 dello stesso giorno, il direttore finanziario anticipa l’intenzione di contestare, durante la seduta di giunta, l’orientamento dei revisori motivandone le ragioni: «Che dicono delle fregnacce, gli rispondo».

Sei giorni più tardi, il 31 luglio, Appendino (difesa da Luigi Chiappero e Luigi Giuliano) telefona a Rolando (avvocato De Matteis). Sono le 20.58 e la sindaca chiede: «Volevo sapere se ti è passata l’incazzatura». Rolando: «No no, sono una bestia stasera». 

Tredici giorni più tardi, il 17 ottobre, si scopre che un giudice c’è sul serio. E c’è pure un’indagine della magistratura. Appendino, Rolando e l’allora capo di gabinetto Paolo Giordana (assistito da Maria Turco) vengono indagati per falso ideologico in atto pubblico. Le strategie che adottano di fronte ai pm Enrica Gabetta e Marco Gianoglio sono due: tentano prima di dimostrare che «i revisori fossero a conoscenza delle diverse soluzioni prospettate dalla giunta», poi provano «l’incompetenza del collegio dei revisori e del precedente direttore finanziario Anna Tornoni, in modo da renderli non credibili». Tornoni, «indotta in errore» sia da Giordana sia da Appendino, aveva infatti espresso parere favorevole sull’operazione Ream. E a proposito di Tornoni, alle 18.16 del 18 ottobre la sindaca chiama il capo di gabinetto e gli chiede «della lettera “notturna” (una mail, ndr) che si trova nella segreteria di Giordana, ove una donna (probabilmente Tornoni, ndr) affermava che quel debito andava iscritto nel 2016». Appendino spiega a Giordana «che loro dovranno dimostrare che tale donna non sia credibile».