Il Governo? L’alleanza di programma M5S-PD è tutt’altro che improbabile

Sharing is caring!

Bandiere_Pd_M5s

di Giuliano Guzzo

Lo scrivevo ieri ed oggi confermo: è troppo presto per fantasticare ed immaginare di sapere esattamente che accadrà, ma non per riflettere. E man mano che passano le ore, lo scenario che va a delinearsi, dopo le elezioni di domenica, è quello di un esecutivo a guida 5 Stelle con appoggio esterno targato Pd. Di Maio in peggio, insomma, come titolava ieri Libero. Questo, almeno, lasciano pensare le parole del governatore della Puglia Michele Emiliano, che non vede l’ora che Renzi lasci, e questo fanno intendere pure le parole di Pietro Grasso, che piddino non è (più), ma si dice pronto al dialogo coi grillini, i quali hanno a questo punto solo l’imbarazzo della scelta.

In effetti, un’alleanza tra 5 Stelle e Pd – oltre che plausibile per via di precedenti locali – risulterebbe possibile anche alla luce della consanguineità dell’elettorato; che Di Maio, interprete di una leadership più incravattata e meno barricadera di quella ipotetica di un Di Battista, abbia cannibalizzato una buona parte di consensi democratici, infatti, è il segreto di Pulcinella. Dunque un Pd che appoggiasse un governo 5 Stelle forse deluderebbe alcuni elettori ma, potenzialmente, potrebbe recuperarne altri. Senza dimenticare come su tutta una serie di argomenti – dallo Ius soli, su cui nel 2013 i grillini presentarono un ddl ancora più generoso di quello dem, fino alle “droghe leggere” – la sintonia tra i due partiti sia evidente.

Certo ne andrebbe, ancora una volta, della democrazia, se si pensa che lo schieramento più votato è il centrodestra. Ne andrebbe pure della decenza, a dirla tutta, di un movimento che prima si presenta come nuovo e irriducibile, ma un minuto dopo le elezioni, molto democristianamente, «dialoga con tutti»: com’è lontano, il 2013… Quanto potrebbe durare, mai si realizzasse, uno scenario simile? E’ difficile dirlo. Ma probabilmente anche cinque anni. Difficile, infatti, immaginare la fretta grillina di ritornare al voto dopo lo storico successo elettorale di domenica (quando ricapiterà più?), magari dopo non aver realizzato nulla, suffragando lo stereotipo dell’inconcludenza che si porta appresso. Previsione sbagliata? Speriamo. Per l’Italia, soprattutto.