Paternò, la decadenza della Sinistra e il rilancio liberale del buongoverno

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di Andrea Di Bella

A Paternò il quadro politico appare quasi del tutto stravolto rispetto solo a qualche tempo fa, quando sia pure in forma non del tutto definita gli schieramenti cosiddetti tradizionali giocavano ancora un ruolo determinante. Emerge come sia scomparsa la Sinistra ideologica e identitaria. Giancarlo Ciatto, sinceramente e a suo modo, ha cercato di ridare un senso a quell’area di potenziali elettori che si riconoscono in quello che oggi è il nuovo partito di Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani. Nei giorni scorsi Ciatto è stato ferocemente criticato sui social nonostante sia stato capace di riconoscere pubblicamente i suoi errori, che ci sono stati e che è stato lui stesso il primo ad ammettere. Sono d’accordo quando lascia intendere come la responsabilità più generale della distruzione del Centrosinistra di questa città sia imputabile all’ex sindaco Mauro Mangano, un uomo di enorme cultura ma dimostratosi altrettanto divisivo ed infine dannoso per un’area che aveva saputo andare oltre i tradizionali steccati della Sinistra, sconfinando nell’area civica. La sua ricandidatura a sindaco alle scorse Amministrative, dopo cinque anni di scollamento pressoché totale tra classe dirigente e cittadini, ha determinato una implosione importante e che costringerà il Centrosinistra a lunghi digiuni nelle urne.

Quando parlo di Centrosinistra non parlo del Pd, oggi rappresentato a Paternò da una classe dirigente riferimento di soggetti politici da sempre appartenuti all’area moderata e autonomista: basti pensare che Luca Sammartino, candidato Pd tra i più votati a Paternò alle ultime Regionali, cinque anni fa entrò all’Ars dalla porta del Centrodestra. E lo stesso Anthony Barbagallo, considerato oggi uno dei riferimenti regionali del Pd, altro non è che un ex Mpa. Senza di loro, l’area di Sinistra a Paternò avrebbe espresso percentuali davvero imbarazzanti.

La sfida adesso sta nel civismo moderato del Centrodestra e del buongoverno. Nello Musumeci è stato eletto nuovo governatore siciliano su questi presupposti: da uomo di destra ex An, ha capito lui per primo che sarebbe dovuto andare oltre gli steccati ideologici per fare breccia in un elettorato più ampio e radicato nei territori. Il Centrodestra è stato costretto ad andargli dietro, ovviamente complice la credibilità dell’uomo Musumeci. A Paternò sarà necessario compiere lo stesso sforzo, cioè andare oltre il perimetro dell’ideologia e basare la prossima nuova proposta per la città sul civismo liberale, per aggregare quindi quei movimenti e partiti che vi si riconoscano.

Nello Musumeci, presidente della Regione Siciliana.

Nello Musumeci, presidente della Regione Siciliana.

L’alternativa vera al qualunquismo e al pressappochismo del M5S dovrà essere una proposta programmatica seria e che segua di pari passo le esigenze primarie dei cittadini. Questa Amministrazione ha il dovere e perfino la necessità di porsi in sintonia con il nuovo Governo Regionale. Lo farà attraverso Gaetano Galvagno e Giuseppe Zitelli, ma anche attraverso Anthony Barbagallo e Vito Rau, che ha annunciato opportunamente che la sua mancata elezione all’Ars rappresenta solo un check point del tracciato politico e non un punto di arrivo. Lo farà con la sua capacità persuasiva in ambito regionale, o probabilmente con un auspicabile riconoscimento politico allo sforzo e alla perseveranza indiscutibili. E lo farà il sindaco Nino Naso, cui è affidato il compito di ricucire la città disgregata e disillusa, assumendo forse qualche decisione impopolare ma necessaria. Governare espone alla pubblica opinione, il Palazzo mette alla prova e misura la forza. Tra alcune settimane torneremo in campagna elettorale per le Politiche e a quel punto il buongoverno avrà l’opportunità di vincere sull’antipolitica di questi grillini sfascisti, chiassosi e persino violenti.