Le ragioni del centrodestra

Sharing is caring!

Stefano Parisi

Stefano Parisi

di Andrea Di Bella

Le scorse elezioni Amministrative di giugno hanno consegnato al Paese un’inedita lettura politica relativamente le ragioni secondo cui un elettore dovrebbe preferire o meno una formazione anziché un’altra. Su Roma le molteplici fibrillazioni in seno al centrodestra hanno lasciato che la Capitale andasse dritta nelle mani di Grillo con gli effetti che tutti sappiamo e stiamo sperimentando: un sindaco sotto contratto di gran lunga inesperiente e con sulla testa lo spettro della multa da 150 mila euro in caso di disobbedienza, una politica della programmazione inefficace, il coinvolgimento nell’agone amministrativo della città di una serie di donne e uomini corresponsabili del disastro di Roma, l’arruolamento di assessori indagati e non ultimo un complessivo indebolimento del M5S. Ed è proprio sul movimento di Grillo-Casaleggio che gli occhi della politica più avveduta dovrebbero concentrarsi.

Parliamo di una forza politica – il M5S – che sparisce totalmente dai radar esattamente nel momento in cui in campo vengono schierati programmi e leader efficaci e meritori (come accaduto a Milano, a Napoli, a Benevento ed in altri grandi centri andati al voto). Ed in questo momento di profondi sentimenti di antipolitica i leader efficaci sono esattamente i non politici, coloro che hanno costruito la propria esperienza e competenza fuori dal palazzo e se possibile non a spese dei contribuenti. Fu così per Berlusconi nel 1994, può ripetersi con Stefano Parisi nel 2016. Nella partita di Milano contro Beppe Sala, l’ex city manager di Milano ha dimostrato di sapere raccogliere intorno a se una compagine solida, con un chiaro programma ed una chiara visione della città in totale discontinuità con l’uscente Giuliano Pisapia. Sono fesserie quelle secondo cui Parisi e Sala fossero due facce della stessa medaglia, e che quindi il voto su Milano fosse quasi inutile tanto erano assenti le differenze tra i due competitor. Parisi possiede quel “quid” di cui tanto si è letto e parlato, quella frizzante ironia e autoironia alla Cavaliere maniera, un po’ english, che spiazza ed al contempo aggrega.

In occasione della sua conferenza al Megawatt, Parisi ha inoltre dimostrato di sapere raccogliere non solo il favore di parte della politica, ma di tutta una parte del mondo produttivo italiano che certamente in altre occasioni passate votò Forza Italia e che nel tempo ha abbandonato imperdonabilmente il fronte attivo, rifugiandosi nell’astensionismo galoppante sempre più drammaticamente attuale. Il fatto poi che Parisi sia inviso a gran parte della classe dirigente forzista è ovviamente un fatto positivo, segno cioè che l’ex candidato sindaco lavora per scardinare la politica delle poltrone e per rafforzare semmai il rapporto tra mondo delle professioni e classi dirigenti. E’ un punto questo cui dovrebbe ritrovarsi anche Matteo Salvini, politico di professione ma a cui sembrano essere cari temi economici come la flat tax, teoricamente musica per le orecchie di Parisi (e quindi di Berlusconi, che ne ha più volte suggerito l’applicazione anche in Italia).

La partita sulla leadership si giocherà presto, complice il Referendum del prossimo 4 dicembre sulla riforma costituzionale che accelererà ed in modo importante la strada verso le elezioni Politiche, anche se adesso sembra che gli alleati a destra sembrano temporeggiare: con le imminenti ed impreviste modifiche all’Italicum il premio di maggioranza potrebbe essere trasferito dalla lista alla coalizione che otterrà più voti (come con il cosiddetto “Porcellum”), o in caso estremo si potrebbe ritornare al sistema proporzionale puro, caso in cui la coalizione potrebbe tornare ad essere competitiva non in una semplice addizione tra le percentuali ottenute dai partiti che la compongono e la contestuale lista unica, ma nella costituzione di una specie di Casa delle Libertà 2.0 più moderna nel programma e nei leader. E’ l’auspicio di tante donne e uomini che ad oggi si sentono politicamente e quindi elettoralmente orfani, lista unica o coalizione che sia. La battaglia sulla leadership non finisca per incancrenire gli asti personali che possono essersi presentati in occasione delle recenti elezioni Amministrative cui si faceva cenno. Adesso che Renzi è sul filo del rasoio, con una galoppante opposizione interna al suo stesso partito, perdersi in beghe interne farebbe soltanto e ancora male al centrodestra. E all’Italia.