Dall’ISIS a Tiziana, se internet ci cattura serve l’esorcista

Sharing is caring!

digital-audience

di Valerio Musumeci

Chissà se Padre Amorth, che da vivo lamentava lo sfruttamento indebito della propria immagine sui social network – «Addirittura vi sono pagine Facebook che io non ho mai curato e di cui non sono responsabile e nelle quali non si nega chiaramente la mia paternità. Si è anche verificata spesso la divulgazione di dichiarazioni a me attribuite, ma che in realtà io non ho mai fatto» – sarà contento di essere tra i primi preti al mondo ad avere un funerale in diretta proprio su Facebook (nemmeno a farlo apposta!). Intendiamoci, l’iniziativa è lodevole e perlomeno stavolta si avrà la certezza che il protagonista sia davvero lui: sono gli amici de La Luce di Maria ad avere trasmesso, nel pomeriggio di ieri, le esequie dell’esorcista più famoso d’Italia in diretta sulla loro pagina FB. E con che seguito: 60.000 visualizzazioni, oltre 7000 “like” e più di 900 condivisioni. Un prete social, che oggi non è mica tanto strano ma se il prete è un esorcista, e l’occasione è il suo funerale, strano diventa e in senso positivo, restituendo l’affetto che un’intera comunità riservava a questo fiero guerriero del Male, protagonista negli anni – scrivono altri, non abbiamo modo di verificare – di oltre 160.000 riti di liberazione.

Certo altra stoffa e altri tempi, quelli di padre Amorth. Nato nel 1925 e dunque novantunenne, il sacerdote paolino aveva già generazionalmente – non parliamo poi di magistero – una tempra diversa dalla mollezza che oggi domina ogni campo dell’umano vivere, non ultimo quello di internet contro cui lanciò i suoi strali – certo non casualmente – in vita. Siamo dominati da un elemento fluido che non è di per sé maligno, la virtualità: e se il fluido si impadronisce di centri vitali e di coscienza, lo vediamo anche nelle vicende degli ultimi mesi, degli ultimi giorni, allora sì che padre Amorth in servizio effettivo da prete esorcista avrebbe avuto il suo bel da fare. Prendiamo ad esempio uno di questi giovanotti ansiosi di farsi esplodere per gloriare un Dio in cui non crede: la rete diventa il mezzo attraverso cui il vuoto – ossia il contrario del Pieno, che è Dio, quindi il suo Avversario – può invadere un’anima e portarla a compiere atti omicidi, come ci dicono ormai con certezza tutti i rapporti sugli attentati terroristici che di questi tempi stanno insanguinando il mondo. La rete è cioè un collettore, una diga aprendo la quale può passare di tutto. Come si vede la similitudine con la materia di competenza dell’illustre scomparso è più che precisa, per quanto inquietante sia il pensiero che con internet ci abbiamo tutti, ogni giorno, a che fare.

E non solo la situazione internazionale ce lo ricorda, tra una bomba che scoppia e un autotreno che schiaccia: anche la cronaca ordinaria, che nulla ha a che vedere con lavaggi del cervello pregressi o religione, porta con sé esempi tristemente correlati a ciò di cui padre Amorth si occupava. Si pensi alla povera Tiziana, morta per dei video: non vogliamo infangare la sua memoria né dire – lo leggano bene, quelli che poi vorranno attaccarci – che ella fosse una satanista o roba del genere: diciamo che l’idea distorta di tecnologia che porta qualcuno a riprendere un atto sessuale e poi a condividerlo con altri – il desiderio di apparire, la vanità o ancora una volta il Vuoto, decidete voi – ha in sé qualcosa di intrinsecamente sbagliato, di blasfemo quasi: bestializzare un atto sessuale privato, non per denaro non per costrizione ma per commettere una deliberata oscenità, non è cosa sulla quale possiamo andare leggeri, mentre pure preghiamo per l’anima di Tiziana.

Quand’ero piccolo, a scuola, pagai venti centesimi per vedere un porno che un mio compagno di classe aveva sul telefonino. Vidi gratis, invece, un video amatoriale nel quale una ragazza, nei bagni di un istituto spero almeno superiore, si toglieva il toppino offrendo un seno a dire il vero bellissimo allo sguardo cupido dei maschi e all’occhio elettronico che la riprendeva. Fece in breve tempo il giro d’Italia, ma fortunatamente della giovane non si vedeva il volto. Non possiamo nasconderci che oggi internet è anche questo, vorremmo non dover dire specialmente questo: una propensione immotivata all’osceno, il mezzo per perpetrare una strage effettiva o una interiore,  il fluido malvagio della modernità contro cui ciascuno – anche e soprattutto padre Amorth, che di lui stiamo parlando – ha il dovere di combattere. Tacerne significa esserne complici, ignorare colpevolmente una tendenza che va diventando storica e contro cui nessuno – tranne alcuni Stati usualmente detti “canaglia”: curioso – pensa di fare alcunché. Non ci laveremo le mani con qualche convegno, non ci monderemo ascoltando la Boldrini dire la sua sul punto: occorre una riflessione seria, dura e generale su che cosa abbiamo giornalmente tra le mani, su come stia cambiando le nostre vite, su come si insinui silenziosamente, giorno dopo giorno, dentro di noi.

Simili riflessioni ci ha ispirato padre Amorth il giorno del suo funerale. E’ il segno che faceva bene il suo mestiere, probabilmente, se persino da morto ci mette faccia a faccia con il lato più oscuro di noi, quello che se trascurato può portare a conseguenze terribili. Contro quell’oscurità il vecchio prete si batté per tutta la vita, e in 60.000 ieri gli hanno riconosciuto questo merito. Su internet, in diretta Facebook. Segnale di speranza tecnologica, di potenziale utilità dello strumento – lo sappiamo bene, noi, che attraverso internet vi parliamo. E’ come sempre tutta questione di discernimento, di aut aut, di libero arbitrio. E come raccapezzarci in tutto questo, senza essere costretti a ricorrere all’esorcista. Con il buonsenso, forse. Proviamo.