Cappellani e la Festa dell’Unità: “Che bella una città che litiga sulle idee”

Sharing is caring!

l43-cappellani-cappellani-1201201901071_big2

di Ottavio Cappellani per La Sicilia

Confesso, a me la Festa dell’Unità piace, da sempre. Ha tutta quell’aria un po’ intellettuale di dibattiti e convegni e stand e collanine e fine estate e primi maglioncini di cotone un po’ slabbrati e odore di pioggia all’orizzonte che rende le lasagne prelibate.

Non ci posso fare niente, mi piace. Risveglia in me quelle emozioni adolescenziali, quelle ragazze di sinistra senza reggiseno, tra l’hippie e il randagismo (tempo dopo ho scoperto che la destra è molto più libera, in quel senso, meno borghese).

Vero è che resta sempre valido il detto di Emil Cioran “la destra è stupida, ma la sinistra è troppo intelligente”, eppure la Festa dell’Unità, anche quando la parola diventa così intelligente da allontanare per sempre lo storytelling dalla realtà, è una boccata d’ossigeno dopo gli agosti a vuoto spinto pieni di aperiminchia dove tu inizi a parlare con una ragazza e quella ti dice: “Spritz”.

Adesso, a Catania, grazie a Enzo Bianco, avremo la Festa delle Feste dell’Unità, la festa monster. E già si organizzano le contromanifestazioni che, bisogna pur dirlo, mi piacciono altrettanto, perché una città che litiga sulle idee, sui sì e sui no, è una città che non può non piacermi.

Certo, ha perso un po’, la Festa dell’Unità, quell’allure, come dire, franscesé, che sapeva di unghia ingiallite dalle Gitanes fumate fino a tarda notte parlando di filosofia del linguaggio, di Deleuze, di Foucalt, di Derrida, ha perso quello spirito rivoluzionario e clandestino in cui linguaggio e potere erano un tutt’uno e bisognava far esplodere il primo per smascherare il secondo, anzi, al contrario, oggi, lo storytelling esibisce platealmente una parola serva del potere, una narrazione non “reale” ma pubblicitaria.

Eppure la festa dell’Unità continua a piacermi. Sarà una festa di fronde e controfronde, di parole rubate tra uno stand e l’altro cercando di capire quale futuro ha questo paese, quest’isola, con un vantaggio: se prima le fronde estreme, che delle feste dell’Unità erano parte integrante, prendevano chine pericolose e inquietanti, oggi le “truppe” sono truppe della parola. E dove c’è parola c’è vita.

In bocca al lupo alla Catania del sì e a quella del no.