Elogio della lettera, ovvero come dirsi le cose più belle del mondo

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di Giuliano Guzzo

Se non sapete che fare, prendetevi mezz’ora e scrivete una lettera. Al compagno o alla compagna, ad un amico lontano, a un parente: scegliete voi. Però scrivetela, è importante. Prendete carta e penna e riversate su carta i pensieri che vi frullano in testa, le aspettative, le preoccupazioni e soprattutto le speranze. Fatelo, mi raccomando: scrivere una lettera aiuta. Vi sottrae al rischio digitale di dimenticare la vostra calligrafia e vi consente di mostrare a una persona cara che non vi siete dimenticati di lei.  E fatelo anche perché oggi, di lettere, non se ne scrivono più: fiumi di e-mail e alluvioni incessanti di messaggini, ma non più lettere.

Ed è un peccato, perché la carta conserva più a lungo e soprattutto più concretamente quel che le viene affidato, che pure se ingiallisce resta. Poi è vero: le lettere viaggiano lente, anzi lentissime; a volte impiegano quasi una settimana, altre ancora di più. Ma quando arrivano finalmente a destinazione, oltre che nel cassetto dove vengono riposte, rimangono nel cuore; di chi le ha ricevute naturalmente, ed anche di chi verrà dopo e un giorno rileggerà. Scoprendo magari quanto innamorati fossero, tanti anni prima, quei due. Che grazie alle parole impresse su quelle lettere, è come se vivessero ancora e fossero lì, accanto a chi legge. A salutarsi. A sorridersi. A dirsi le cose più belle del mondo.